Attraverso una selezione di quasi 300 opere la mostra «Art in the Street», che il Musée d’Orsay di Parigi ospita dal 18 marzo al 6 luglio, illustra la spettacolare ascesa del manifesto illustrato nella capitale francese nella seconda metà dell’Ottocento. Organizzata in collaborazione con la Bibliothèque Nationale de France, la mostra è la prima del suo genere su questa scala. Finora non si era mai tenuto a Parigi un allestimento dedicato a questo fenomeno sociale, che riunisce numerose creazioni di rilievo dei «maestri del manifesto»: Bonnard, Chéret, Grasset, Mucha, Steinlen, Toulouse-Lautrec...
Le immagini, che proliferano nei contesti urbani, si impadroniscono anche del più piccolo spazio vuoto: muri e palizzate, naturalmente, ma anche edicole, colonne di Morris, orinatoi e la metropolitana, e persino esseri umani, che si trasformano in uomini sandwich. Questi supporti costituiscono le pareti espositive di un nuovo mondo visivo che cerca di catturare lo sguardo dei passanti. Trasformata da imponenti opere architettoniche haussmanniane, ordinata e ben organizzata, la strada parigina di fine Ottocento è anche un luogo chiave dell’espressione politica e delle rivendicazioni sociali.
In ambito sociale, culturale e artistico, la strada è diventata un ambiente di vita e un luogo di esposizione, oltre che un soggetto da rappresentare. I manifesti degli anni 1880-1900, frutto dei progressi tecnici e dell’emergente società dei consumi, costituiscono un settore che attira gradualmente l’interesse di alcuni dei più grandi artisti dell’epoca. Sulla scia di Jules Chéret, soprannominato dalla stampa dell’epoca «il re dei poster», si avvicendano nella creazione di poster Henri de Toulouse-Lautrec, Eugène Grasset, Alphonse Mucha, Théophile Alexandre Steinlen e i Nabis Pierre Bonnard, Henri-Gabriel Ibels e Edouard Vuillard, insieme a Félix Vallotton. La critica si appropria del fenomeno, evidenziando le qualità visive del «manifesto moderno» e il suo ruolo nella democratizzazione dell’accesso all’arte. Il manifesto diventa anche un oggetto da collezione e un soggetto da esposizione, e gli appassionati d’arte divengono preda della «poster mania», generando anche un mercato di settore.
Alla fine del XIX secolo, il mito emergente della «Belle Époque» tende a far passare in secondo piano la strada dei rivoltosi e degli indigenti, sostituendola con una strada idilliaca di piacere, intrattenimento e consumo accessibile. Il manifesto diviene il mezzo per affermare le nuove pratiche liberalizzate, tra cui la frequentazione dei cabaret, l’ascesa dello sport e l’esasperazione della femminilità. Disponibile per tutti, grazie alla sua esposizione in mezzo alla strada, può soddisfare le ambizioni sociali e diventare il mezzo preferito dell’«arte per tutti». I circoli anarchici e libertari svolgono in questi anni un ruolo fondamentale nella comparsa delle prime immagini politiche sui muri dello spazio pubblico. Agli inizi del XX secolo, artisti come Jules Grandjouan inventano un linguaggio murale concepito per influenzare l’opinione pubblica nello spazio pubblico. Rompendo con la visione intima fornita dalle vignette dei giornali, questa nuova forma di retorica avrà poi un effetto a lungo termine sulla comunicazione politica.