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Laura Springer, Global Head of the Environmental Sustainability da Thaddaeus Ropac, e Cliodhna Murphy, che ricopre lo stesso ruolo presso Hauser & Wirth.

© Courtesy Thaddaeus Ropac, Londra, Parigi, Salisburgo, Seul. Foto Stoltenberg (per Laura Springer); © Courtesy Hauser & Wirth. Foto Sim Canetty Clark (per Cliodhna Murphy)

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Laura Springer, Global Head of the Environmental Sustainability da Thaddaeus Ropac, e Cliodhna Murphy, che ricopre lo stesso ruolo presso Hauser & Wirth.

© Courtesy Thaddaeus Ropac, Londra, Parigi, Salisburgo, Seul. Foto Stoltenberg (per Laura Springer); © Courtesy Hauser & Wirth. Foto Sim Canetty Clark (per Cliodhna Murphy)

Quando il gallerista e l’artista sono attenti all’impronta di carbonio

Si può ancora fare il giro del mondo senza preoccuparsi dell’impatto sul clima? Una domanda che si pongono i mercanti «multinazionali», frequentatori abituali delle fiere. E c'è chi, come Thaddaeus Ropac o Hauser & Wirth, nomina un responsabile globale della sostenibilità ambientale

Christian Simenc

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L’argomento è delicato, tanto che diverse gallerie (David Zwirner, Templon, Gagosian, Perrotin) hanno declinato il nostro invito a parlarne. La questione, di certo, solleva problematiche complesse. «I collezionisti amano acquistare vedendo le opere di persona. Siamo una galleria “materialista” nel senso che i nostri artisti apprezzano i volumi, i materiali, ed è spesso difficile rendersene conto davanti a uno schermo», osserva Loïc Garrier, direttore delle gallerie Ceysson & Bénétière (New York, Lussemburgo, Parigi, Lione, Ginevra, Saint-Étienne, Pouzilhac, presto Tokyo).

Stessa constatazione giunge dalla Galleria Continua (San Gimignano, Pechino, Boissy-le-Châtel, L’Avana, Roma, San Paolo, Parigi): «Anche se le piattaforme online svolgono un ruolo sempre più importante, afferma il portavoce Alexandre Ismail, l’esperienza fisica delle opere rimane insostituibile. Stiamo riflettendo su pratiche ibride per limitare gli spostamenti senza compromettere l’esperienza artistica».

A dicembre Thaddaeus Ropac (Londra, Parigi, Salisburgo, Seul, presto Milano) ha assunto Laura Springer come Global Head of Environmental Sustainability (responsabile globale della sostenibilità ambientale). Da Salisburgo, dove Ropac ha due sedi, Springer ha avviato un inventario: «Sto iniziando ad avere una visione d’insieme del nostro attuale impatto climatico, dalle misure delle nostre emissioni di carbonio e del nostro consumo di energia e materiali al monitoraggio delle attività di trasporto marittimo e di viaggio. Sto rivedendo i processi già in atto e sto sviluppando una strategia a lungo termine più completa per le nostre iniziative di sviluppo sostenibile. Questo include la valutazione del tipo di risorse e la riduzione del loro utilizzo e dei rifiuti grazie all'approccio “5 R” - rifiutare, ridurre, riutilizzare, riallocare, riciclare -, la riduzione degli spostamenti e la scelta di mezzi di trasporto più ecologici».

 

Rivalutare ogni anello della catena

Da Londra  Cliodhna Murphy, che ricopre una posizione simile presso Hauser & Wirth (New York, Los Angeles, Londra, Somerset, Zurigo, St. Moritz, Gstaad, Basilea, Minorca, Monaco, Parigi, Hong Kong) fornisce alcune cifre: «Il nostro obiettivo è ridurre le emissioni del 50% entro il 2030, in conformità con l’accordo di Parigi. Grazie a dati concreti, sappiamo che la spedizione e lo stoccaggio delle opere rappresentano circa il 45% delle emissioni, i viaggi il 20% e gli edifici stessi il 10%. Dal 2019, siamo passati al 75% di energia rinnovabile in tutto il mondo, il che ha portato a una riduzione del 55% delle emissioni di questa categoria, anche con i nuovi spazi che abbiamo aperto».

Ogni ambito è stato vagliato attentamente: materiali, risorse, trasporti, informatica... «Tutto viene riutilizzato più volte, per quanto possibile e finché è sano per le opere», assicura Loïc Garrier. 

Hauser & Wirth, da parte sua, sperimenta materiali alternativi: «Per trasportare le opere bidimensionali, spiega Murphy, abbiamo sviluppato la nostra soluzione di imballaggio riutilizzabile, “Fold’”. Negli Stati Uniti utilizziamo la cassa Earthcrate in cartone rigido completamente riciclabile, una soluzione più leggera ed economica rispetto a una tradizionale cassa in legno, con solo il 10% di emissioni di CO2 rispetto a quest’ultima. Un altro esempio interessante: stiamo collaborando con l'artista Jessie French per testare una bioplastica a base di alghe, al fine di sostituire, entro il 2030, il Pvc che nelle nostre gallerie usiamo per la segnaletica».

Le risorse, per quanto possibile, vengono reperite a livello locale. «Ogni galleria ha i propri fornitori, spiega Garrier. A Parigi, per le cornici, lavoriamo con l’Atelier Mondineu che si procura il legno in modo tracciabile». «L'obiettivo è quello di “territorializzare” il più possibile la nostra attività, conferma Ismail. Per i nostri spazi francesi acquistiamo i materiali nella regione della Senna e Marna. Le fiere asiatiche, invece, sono gestite interamente dal team di Pechino. Privilegiamo l’uso dellele scorte geograficamente vicine alle fiere e facciamo di tutto per mantenerle».

Anche il trasporto è in evoluzione: «Limitiamo i viaggi internazionali del personale  e condividiamo tutti i trasporti, precisa Garrier. In Europa effettuiamo una “tournée” mensile per spostare, a seconda delle necessità, le opere tra le gallerie. Inoltre, raggruppiamo diverse mostre in un unico trasporto tra l’Europa e gli Stati Uniti e presto anche il Giappone. Le casse contengono sempre diverse opere, quasi mai un pezzo unico».  Secondo Cliodhna Murphy, «vige da tempo il pregiudizio che il trasporto marittimo non sia un’opzione da contemplare per i dipinti di grande valore, ma semplicemente non è più così. Dal 2019 siamo riusciti a ridurre del 35% le nostre emissioni dovute al trasporto, in particolare aumentando l’ utilizzo del trasporto marittimo. Rispetto al trasporto aereo si può risparmiare fino al 90% di emissioni di carbonio. Nel 2023, trasferendo sei mostre dall'aereo al mare, abbiamo risparmiato 200 tonnellate di CO2, ovvero 150 voli di andata e ritorno in classe economica tra Londra e New York».

L’informatica è anch’essa ottimizzata: «Oltre a riciclare le apparecchiature ogni quattro-sei anni grazie a un fornitore specializzato, attualmente stiamo studiando l'uso di soluzioni digitali responsabili come l’hosting dei dati da parte di data center ecocompatibili, come OVHcloud», spiega Ismail. 

«Uno dei vantaggi della pandemia, osserva Murphy, è stato che dal 2020 stiamo lavorando attivamente per ridurre il numero di “messaggeri” che accompagnano fisicamente le opere utilizzando le nostre tecniche di “messaggeri virtuali” o impiegando professionisti locali per verificare le condizioni e supervisionare l’installazione delle opere».

 

Agire alla fonte

Le fiere, grandi consumatrici di carbonio, sono ovviamente sotto accusa. «Abbiamo ridotto il loro numero a sette all'anno: due asiatiche, due americane e tre europee», osserva Garrier. «La nostra partecipazione è notevolmente diminuita dal 2019, sottolinea Murphy. Il consumo di materiali rimane elevato, quindi la progettazione per lo smontaggio e il riutilizzo è una fase cruciale. Dal 2019, per evitare sprechi, riutilizziamo ogni anno le cornici del nostro stand a Frieze Masters. Per quanto riguarda le mostre in galleria, mitighiamo il nostro impatto prolungandone la durata, con il conseguente vantaggio di ridurre le spedizioni, gli imballaggi e l’uso di materiali».

Le vie per ridurre l'impatto ambientale sono numerose. E in questo processo sono coinvolti anche gli artisti. «Collaboriamo con artisti impegnati su questioni climatiche e sociali, come Hans Op de Beeck, sottolinea Ismail. Alcuni progetti, come “Tornado” di José Yaque, integrano nella loro produzione una dimensione di ecodesign attraverso il recupero dei materiali. Pascale Marthine Tayou realizza le sue produzioni localmente. Le opere di Antony Gormley, invece, viaggiano solo in nave».

«Una delle nostre preoccupazioni, gli fa eco Garrier, è stata quella di capire come realizzare in modo ecologico una mostra di un artista straniero in Francia. Abbiamo deciso di aprire una residenza d’artista in Alvernia. La giapponese Tomona Matsukawa è stata nostra ospite nel 2024, e la sudafricana Stephané Edith Conradie lo sarà nel 2025. Gli artisti producono così l'intera mostra in Francia, il che ci evita di trasportare tutte le opere».

«Il punto di vista dei nostri presidenti, Iwan e Manuela Wirth e Marc Payot, sulla crisi climatica è stato plasmato da conversazioni con artisti come Camille Henrot e Pipilotti Rist, che a loro volta agiscono, racconta Murphy. Una parte del nostro ruolo consiste nel consigliare agli artisti di impegnarsi in pratiche più sostenibili. Al riguardo, un esempio stimolante è la nostra recente collaborazione con Larry Bell. Larry ha trasformato il suo studio a Taos, nel New Mexico, per farlo funzionare quasi interamente con l'energia solare. Gli artisti sono potenti agenti di cambiamento per far evolvere il discorso sulla sostenibilità nelle arti visive. Coloro che vogliono svolgere un ruolo contro la crisi climatica influenzando cambiamenti sociali più ampi avranno alla fine un impatto maggiore rispetto alla riduzione delle emissioni di una galleria».

Christian Simenc, 14 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

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