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Uno still dal film «Terra incognita» di Timoteus A. Kusno

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Uno still dal film «Terra incognita» di Timoteus A. Kusno

Questioni razziali nei video di Kusno e Chihying

Nella Fundació Miró sono esposte le ultime produzioni dei due videoartisti, vincitori della borsa di studio per la produzione di videoarte della Han Nefkens Foundation-Loop Barcelona

Colori saturati, un’immagine sfocata che potrebbe appartenere alla realtà come al sogno e un uomo che frusta una fragola gigantesca: inizia così «Terra Incognita» di Timoteus Anggawan Kusno (Giacarta, Indonesia, 1989), uno dei vincitori delle prestigiose borse di studio internazionali della Fondazione Han Nefkens-Loop Barcelona. Le nuove produzioni, che si presentano in prima assoluta nella Fundació Miró di Barcellona fino al 18 maggio, intraprenderanno in seguito un iter espositivo che le porterà a Pechino, Taipei, Kuala Lumpur, Ginevra e Copenaghen. «Terra Incognita», insieme a «Reversal» e «After Colossus», forma parte della trilogia «Phantoms» (fantasmi), in cui Kusno svela il passato nascosto dell’Indonesia e gli effetti nefasti del colonialismo. Attraverso narrazioni stratificate, le tre opere mettono a nudo le cicatrici di una società che ancora lotta per la giustizia e la memoria. I film, che utilizzano formati diversi (35mm, Super 8, video analogico e immagini generate dall’Intelligenza Artificiale), combinano materiale d’archivio e rievocazioni, confondendo i confini tra finzione e documentario. Il racconto, che articola le riflessioni di carattere più concettuale, introduce il pubblico nel mondo del «jathilan», una danza tradizionale giavanese che, guidata dalla musica e dalla spiritualità, consente ai ballerini di entrare in trance e di connettersi con le forze ancestrali per liberarsi dall’oppressione della memoria coloniale. 

Insieme ai video di Kusno viene presentata «The Lighting» di Musquiqui Chihying (Taipei, Taiwan, 1985), che affronta il problema della discriminazione razziale nell’ambito dello sviluppo tecnologico, attraverso l’analisi dei problemi legati all’illuminazione di soggetti dalla pelle scura in registrazioni video e cinematografiche. Il regista Jean-Luc Godard fu uno dei primi a denunciare questa discriminazione quando in Mozambico, negli anni Settanta, si rese conto che le pellicole Kodak, molto diffuse all’epoca, non davano gli stessi risultati nei ritratti di persone non bianche. «Non possiamo semplicemente attribuire questo fallimento tecnico a un’attrezzatura inadeguata, perché persino gli algoritmi più avanzati utilizzati oggi mostrano ancora un tasso di errore piuttosto elevato in presenza di determinate razze e tonalità della pelle», spiega Chihying.

Han Nefkens, scrittore, filantropo e collezionista appassionato di video, non è interessato ad accumulare opere né ad aprire un centro d’arte dove esporle, ma a produrle. Per questo la sua fondazione non si limita a finanziare gli artisti, ma offre loro l’appoggio integrale di un’équipe diretta da Hilde Teerlinck, che li segue in tutte le fasi del progetto, dall’idea alla diffusione, aiutandoli a risolvere problemi tecnici e concettuali ma anche emotivi e personali. «La nostra è una fondazione unica per la sua forma organica di lavorare, sviluppando una relazione diretta con l’artista e non solo di tipo professionale, ma anche personale. Lavoriamo con creatori di tutto il mondo, ma specialmente di Paesi dove non esiste un’infrastruttura culturale, le condizioni di vita sono molto dure e mancano le prime necessità come l’acqua o l’elettricità. Conoscerli ci dà il privilegio di scoprire realtà che troppo spesso preferiamo rimuovere», spiega Nefkens, che in questi anni ha stabilito accordi di collaborazione con centri d’arte e musei di tutto il mondo.

Uno still dal video «The Lighting», 2021, di Musquiqui Chihying

Roberta Bosco, 20 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

Questioni razziali nei video di Kusno e Chihying | Roberta Bosco

Questioni razziali nei video di Kusno e Chihying | Roberta Bosco