«Rachel Ruysch» (1692) di Rachel Ruysch e Michiel van Musscher (particolare)

© The Metropolitan Museum of Art

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«Rachel Ruysch» (1692) di Rachel Ruysch e Michiel van Musscher (particolare)

© The Metropolitan Museum of Art

Rachel Ruysch, «prodigio dell’arte olandese» barocca

Inizia all’Alte Pinakothek di Monaco, e proseguirà negli Stati Uniti, il tour del primo studio sulla carriera durata circa sessant’anni dell’artista

Rachel Ruysch (L’Aia, 1664-Amsterdam, 1750), detta già dal Settecento «prodigio dell’arte olandese» per le sue iperrealistiche tele a soggetto floreale, traboccanti di piante e frutti, fiori e farfalle, bruchi, mosche e altri insetti provenienti dalle più svariate regioni del mondo, pittrice osannata in tutt’Europa e che tutta influenzò la futura pittura floreale fino al Biedermeier, fu ai suoi tempi una vera «celebrity» e tuttavia mai la sua personalità artistica è stata approfondita fino a questa prima retrospettiva che l’Alte Pinakothek di Monaco, il Toledo Museum of Arts in Ohio (13 aprile-2 luglio 2025) e il Museum of Fine Arts di Boston (23 agosto-7 dicembre 2025) le dedicano: «Rachel Ruysch. Nature into Art», a Monaco dal 26 novembre al 16 marzo 2025. Oltre 80 dipinti da collezioni di 14 Paesi, di cui 57 tele di ogni fase creativa di Rachel Ruysch, 41 opere su carta, quasi 600 esemplari botanici sono esposti all’Alte Pinakothek: un unicum espositivo che offre il primo studio di una carriera durata circa sessant’anni, evidenziandone l’eccezionale qualità nel contesto artistico e scientifico in cui Rachel lavorò.

Nuova luce si dà ai legami fra la poetica di Rachel e i temi scientifici dell’Età dell’Oro Olandese: grazie al padre Frederik (1638-1731, illustre botanico e anatomista), Rachel poté sempre osservare nell’orto botanico di Amsterdam le specie vegetali native e quelle esotiche (portate in Europa da Oltremare nella massima espansione dell’impero coloniale olandese), così diffondendo col suo lavoro le conoscenze di botanica e di entomologia e sviluppando quella sua tipica tensione naturalistica della rappresentazione di fiori, insetti, uccelli dai virtuosismi tridimensionali. Altrettanta indagine hanno le influenze della tradizione fiamminga e olandese su Rachel Ruysch e le sue interazioni con gli artisti olandesi dello stesso genere pittorico: dal suo maestro Willem van Aelst ai suoi contemporanei più in voga: Jan Davidszoon de Heem (1606-84), Otto Marseus van Schrieck (1613-78) e Abraham Mignon (1640-79), alle altre pittrici di talento: Maria van Oosterwijck (1630-93) e Alida Withoos (1661-1730) o la sorella Anna Ruysch (1666-1754), nonché la studiosa di botanica e disegnatrice (tedesca, ma attiva ad Amsterdam) Maria-Sibylla Merian (1647-1717) così illuminando l’innovazione della sua poetica e della sua tecnica pittorica e la sua influenza artistica.

Dopo i dipinti dei suoi primi decenni di attività raffrontati a opere degli artisti citati e soprattutto di Maria van Oosterwijck (fino a quel momento l’indiscussa regina della pittura floreale), la mostra indugia sul parallelo con la sorella minore, per la prima volta esibendo vis-à-vis i dipinti delle due pittrici: benché le opere giovanili delle due sorelle indichino un’evoluzione artistica altrettanto «sorella», Anna rimase sempre nell’ombra lasciando solo poco più d’una decina di opere firmate e non successive alle nozze.

Con l’anno 1700 «sboccia» la produzione, e il successo, di Rachel: già nel 1701 è la prima donna cooptata nella Confrerie Pictura, l’esclusiva gilda degli artisti dell’Aia, e dall’esordio del XVIII secolo datano le tele più sfolgoranti di fiori, molteplici e variegati, dai colori brillanti e azzardati, tagli di luce scenografici e vasi di vetro di trasparenza luminosa, arricchite da frutta e insetti, trionfali di quel realismo così perfezionistico da indurre a ingannevole palpabilità che creò la reputazione internazionale dell’artista.

Fra il 1708 e il 1716, Rachel fu pittrice ufficiale dell’Elettore Palatino Johann-Wilhelm a Düsseldorf e produsse almeno un quadro l’anno (senza però mai lasciare Amsterdam) per il principe mecenate e la moglie, Anna-Maria-Luisa de’ Medici (e i coniugi donarono a Cosimo III di Toscana varie sue opere oggi presenti a Firenze agli Uffizi e alla Galleria Palatina e nella Collezione Pedriali alla Pinacoteca Civica di Forlì). Nell’ultima fase di attività, dal 1720 in poi e soprattutto dopo il 1735, la poetica di Rachel Ruysch si volge a un sorprendente e inaspettato stile pensoso e intimista: i mazzi opulenti di fiori multicolori cedono via via spazio a composizioni più piccole, non più affollate ma morbide e ariose, vagheggianti di francese leggerezza Rococo e perfino di Neoclassicismo ante litteram, in cui Rachel, giustamente orgogliosa della sua pennellata ancora sicura e assertiva, acuminata e scientifica come un bisturi, per civetteria affianca la propria età alla firma.

«Natura morta con fiori in un vaso di vetro su un ripiano di marmo» (1710) di Rachel Ruysch, Londra, National Gallery. © Collezione privata

Giovanni Pellinghelli del Monticello, 25 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

Rachel Ruysch, «prodigio dell’arte olandese» barocca | Giovanni Pellinghelli del Monticello

Rachel Ruysch, «prodigio dell’arte olandese» barocca | Giovanni Pellinghelli del Monticello