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Redazione GDA
Leggi i suoi articoliTel Aviv (Israele). Una nuova esposizione al Tel Aviv Museum of Art (Tama) racconta la sorprendente storia di come un dipinto razziato dai nazisti nel 1933 al magnate dei media ebreo tedesco Rudolf Mosse sia entrato nella collezione del museo israeliano 60 anni dopo. «Dall’oscurità alla luce» (1871) del pittore olandese Jozef Israëls è stato identificato nel 2017 dalla Mosse Art Research Initiative, un innovativo progetto sulla provenienza delle opere istituito dagli eredi di Mosse e dal Governo tedesco.
I ricercatori hanno permesso al museo di Tel Aviv di continuare a esporre il dipinto per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’arte saccheggiata dai nazisti; rimarrà esposto fino a ottobre, quando verrà restituito agli eredi. Nel corso degli anni è stato spesso esposto nella galleria Antichi Maestri Ebrei del museo e prestato per mostre internazionali. «Ci mancherà», dice Sophia Berry Lifschitz, assistente curatrice dell’arte moderna al Tama.
Il dipinto venne venduto all’asta nel 1934 per riemergere sul mercato nel 1993, quando fu acquistato in buona fede dal mercante d’arte di Tel Aviv Meir Stern, egli stesso sopravvissuto ad Auschwitz. Stern vendette l’opera a un collezionista privato che la donò al museo lo stesso anno. Il caso mette in luce le sfide ancora oggi in corso nell’identificazione e nella restituzione dell’arte saccheggiata dai nazisti, anche in Israele, dove c’è un ovvio interesse. Circa 600 opere d’arte sequestrate durante la seconda guerra mondiale e recuperate dalle forze alleate furono trasferite in Israele dalle agenzie di restituzione ebraiche nei primi anni ’50.
Conservati presso l’Israel Museum a Gerusalemme, questi oggetti sono stati esposti e sono catalogati sul sito web dell’istituzione, ma pochi sono tornati agli eredi dei proprietari originali. «Nel corso degli anni si sono fatti sforzi per restituire queste opere d’arte, ma in modo non molto organizzato», dice Colette Avital, presidentessa del Center Organisations of Holocaust Survivors in Israele. In passato «le persone cercavano le loro famiglie; non i loro dipinti», dice Shlomit Steinberg, il curatore senior dell’Arte europea al Museo di Israele e curatore dell’attuale mostra sulla collezione del mercante d’arte nazista Hildebrand Gurlitt.
L’ormai defunta Società per la localizzazione e la restituzione dei beni delle vittime dell’Olocausto (Hashava), un’organizzazione senza scopo di lucro sostenuta dal Governo israeliano, ha inizialmente restituito i beni delle vittime che per prime erano emigrate nello Stato ebraico. La Hashava ha attribuito la responsabilità della ricerca sulla provenienza alle istituzioni culturali, che spesso non dispongono dei finanziamenti e delle competenze necessarie. Lo scorso settembre il Ministero della Cultura di Israele ha tenuto un incontro per formare circa 50 professionisti museali nella ricerca sulla provenienza.
Nel frattempo, all’Israel Museum due membri del personale in pensione si incontrano settimanalmente per proseguire la ricerca sulla collezione. Lifschitz ritiene che tali tentativi, pur nobili, non siano sufficienti. «Abbiamo scritto lettere chiedendo al Ministero della cultura di dedicare risorse a questo problema, come hanno fatto molti altri Paesi europei, afferma. Non basta dire: "Questa è una responsabilità tua". Stiamo facendo tutto ciò che possiamo. Ma richiede esperienza, e il personale regolare del museo non può farlo se si vuole che lo sforzo sia significativo».
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