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Margherita Panaciciu
Leggi i suoi articoliNella cornice suggestiva di Pietrasanta, meta prediletta dagli amanti dell’arte, della cultura e del mare, prende vita la seconda edizione di «The Sculpture Show», una mostra che, sino al 3 agosto, riunisce quattro voci eterogenee della scultura figurativa contemporanea: Peter Simon Mühlhäußer, Pierre-Alix Nicolet, Kelly Robert e Bruno Walpoth. Un’indagine selettiva ma intensa quella promossa da Accesso Galleria, che mette in dialogo quindici opere, alcune delle quali inedite, e materiali tanto diversi quanto evocativi: marmo, legno, bronzo, terracotta, vetro. Il titolo semplice della mostra cela in realtà una profonda complessità: un’indagine sulla figura umana come specchio dell’interiorità, del tempo e della trasformazione.
L’artista tedesco Peter Simon Mühlhäußer compie un ritorno simbolico e concreto alle origini con una serie di cinque sculture in marmo che segnano una sorta di compendio maturo della sua ricerca. Dopo anni dedicati alla sperimentazione tecnologica e ai materiali compositi, Mühlhäußer riabbraccia la pietra che ha segnato la sua formazione alla Scuola di Lasa, restituendole una forza nuova e una sorprendente morbidezza espressiva. Le sue opere non raccontano più storie nel senso tradizionale, semmai scolpiscono emozioni pure, stati d’animo che si traducono in tensioni tattili, superfici vibranti, volumi compatti che sembrano voler affiorare dal materiale stesso.

Pierre-Alix Nicolet, «Anatomie Géminée», 2025. Courtesy of Accesso Gallery
Pierre-Alix Nicolet porta la riflessione sulla figura in una dimensione quasi mentale, sospesa tra scultura e immagine, fisicità e trasparenza. Le sue opere in vetro, ottenute da una sapiente stratificazione fotografica, trasformano il gesto scultoreo in un’esperienza percettiva complessa: è lo spettatore che, muovendosi attorno all’opera, «ricostruisce» la figura, attraversando letteralmente la sua tridimensionalità. L’esperienza amazzonica dell’artista, che ha vissuto a contatto con le comunità indigene, emerge nel suo approccio rispettoso alla forma, come se ogni frammento, anche il più imperfetto, custodisse un significato latente.
Le quattro opere di Kelly Robert colpiscono per potenza drammatica. Due in terracotta e due in bronzo, le sculture-corpi deformati sembrano congelati in un’esplosione emotiva: sono figure che, pur segnate dalla sofferenza, emergono con una forza inaspettata. Le pose esasperate e la torsione delle membra raccontano non tanto il dolore, quanto la resilienza, la scintilla di energia che precede la rinascita. L’autore costruisce i suoi personaggi con la dedizione di chi vuole restituire dignità all’umano sofferente, ma lo fa con un’estetica consapevolmente non consolatoria. C’è un’urgenza nelle sue sculture, un bisogno di dire, con la materia, ciò che spesso le parole non sanno esprimere. Se gli altri artisti presenti spingono la materia verso l’astrazione, la tensione o la dissoluzione, Bruno Walpoth sceglie l’apparente semplicità: il legno, lavorato con tanta maestria, diventa «carne». Le sue figure, tanto realistiche quanto eteree, sembrano immerse in un tempo sospeso, in un’eco interiore che parla con voce sottile ma penetrante.

Kelly Robert, «Invoking the Bastion», 2024. Courtesy of Accesso Gallery