Image

La copertina di «The Americans», di Robert Frank

Image

La copertina di «The Americans», di Robert Frank

Robert Frank, «nato per fare il fotografo»

È morto a 94 anni l'autore di «The Americans» (1960), un precursore della fotografia documentaria degli anni successivi

Walter Guadagnini

Leggi i suoi articoli

Nella lettera di sostegno che accompagnava la richiesta di una borsa di studio alla John Simon Guggenheim Memorial Foundation, il grande Walker Evans così descriveva il giovane richiedente, un fotografo nato nel 1924 a Zurigo e trasferitosi negli Stati Uniti nel 1947: «Quest'uomo è probabilmente il più talentuoso dei giovani fotografi del giorno d'oggi. In ogni caso io penso che sia così [...]. Robert Frank è nato per fare il fotografo, se questo è possibile [...]. Alla sua età egli è già un lavoratore estremamente serio (non serioso) e possiede una straordinaria profondità di pensiero [...]. Nel mondo della fotografia è raro trovare qualcuno che sia tanto dotato».

Grande intuito del vecchio maestro, certo, ma segno anche di una sorta di predestinazione del giovane Frank, che era già stato selezionato da Edward Steichen per partecipare con una sua immagine alla storica mostra «The Family of Man» al MoMA nel 1955 e aveva ricevuto le prime commissioni giornalistiche da Alexej Brodovitch, l’art director più innovativo, e tra i più influenti, del periodo. In ogni caso quella borsa di studio venne assegnata, e Frank partì per un viaggio lungo gli Stati Uniti destinato a durare quasi due anni, al termine del quale aveva scattato oltre 27mila fotografie, consumando migliaia di chilometri e circa 760 rullini.

Sottoposti al vaglio intellettualmente e visivamente inflessibile di Frank, quegli scatti divennero 83 e si trasformarono in uno dei libri più leggendari di tutta la storia della fotografia, Les Americains, come titolava la prima edizione francese pubblicata nel 1958 (nella sua nuova patria gli editori non gradirono inizialmente la rudezza delle riprese, che contrastavano con l’immagine che gli Stati Uniti volevano dare di sé), o The Americans, come titolerà l’edizione americana del 1960, arricchita dalla prefazione di una figura non meno carismatica e sovversiva, quel Jack Kerouac che tre anni prima aveva dato alle stampe «On the Road».

La carriera di Robert Frank fotografo si racchiude, non solo per il grande pubblico, in queste 83 fotografie: pare persino incredibile, oggi che se ne ricorda la scomparsa avvenuta a 94 anni, come un solo libro (peraltro asciutto in ogni suo elemento, apparentemente semplice come le istantanee in esso riprodotte, in realtà essenziale nella sua perfetta costruzione anche grafica, omaggio dichiarato proprio al maestro Walker Evans e al suo American Photographs) abbia potuto incidere così tanto sulla storia della fotografia e sull’immaginario collettivo. L’America degli anni Cinquanta è quella, sono quelle 83 foto spesso sgranate, talvolta fuori fuoco, frammentarie, che raccontano di dropouts e di piccola borghesia, di automobili e di bar lungo le strade, delle prime televisioni e della segregazione del sud, senza un briciolo di retorica, con uno sguardo insieme spietato e sentimentale, critico e partecipe.

Da qui nasce tutta la fotografia documentaria nuova, soggettiva, da qui un’idea diversa da quella dominante allora di Cartier-Bresson e della sua equilibrata perfezione, in favore di un voluto, e quanto mai efficace, disequilibrio. Eppure, da qui in poi Frank fotografo non esiste quasi più; si sposta sul cinema sperimentale («Pull My Daisy» è del 1959, ne seguiranno un’altra ventina), anche in questo caso con risultati altissimi ma certo insostenibili per l’industria cinematografica; si trasferisce lontano da New York, a Mabou, in Nova Scotia, con la nuova compagna June Leaf (che gli sopravvive); ritorna infine alla fotografia, a partire dagli anni Settanta e Ottanta, ma con ricerche personali, che non incontreranno il favore di un pubblico e di una critica che, evidentemente, hanno sempre voluto ciò che Frank non voleva assolutamente fare, il seguito del mitico volume del 1958.

In questi ultimi anni, i musei e le case editrici hanno quindi riscoperto le opere giovanili dell’autore, quelle realizzate a Parigi e in Europa negli anni Cinquanta, cercando di evidenziare i germi della futura opera, e hanno preso ad analizzare in modo sistematico l’immensa mole di materiale legata a The Americans, dal quale è stata anche tratta una preziosa mostra che ha portato nel 2008 Robert Frank e le sue immagini fino a Pyingiao, in Cina, ancora sulla strada a 84 anni.
 

La copertina di «The Americans», di Robert Frank

Walter Guadagnini, 11 settembre 2019 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

L’Intelligenza Artificiale ha dominato il 2023, ma milioni di bravi ritoccatori hanno per decenni aiutato dittatori e impostori vari

Nel suo libro l’artista romano offre una lettura fotografica dell’opera dello scultore sardo

Dopo un 2021 ancora di transizione, l’unico dato di vero e indiscutibile rilievo è la valanga di esposizioni dedicate alle donne fotografe, cui ora si aggiungono i quesiti riguardanti i reportage di guerra

Due volumi analizzano da diversi punti di vista il rapporto tra fotografia e letteratura

Robert Frank, «nato per fare il fotografo» | Walter Guadagnini

Robert Frank, «nato per fare il fotografo» | Walter Guadagnini