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Un momento del restauro della figura della Iustitia di Raffaello nella Sala di Costantino

Un momento del restauro della figura della Iustitia di Raffaello nella Sala di Costantino

Scoperta la «firma» di Raffaello nella Sala di Costantino

Presentato il decennale restauro dell’ultima delle Stanze raffaellesche in Vaticano, le cui quattro celebri scene parietali vennero portate a compimento, dopo la morte del Maestro, dalla bottega guidata da Giulio Romano e Giovan Francesco Penni. Con il soffitto, affrescato nel tardo ’500 da Tommaso Laureti, la Sala è un eccezionale palinsesto della pittura a Roma nel XVI secolo

Arianna Antoniutti

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Due magnifiche figure femminili, la Comitas (l’amicizia), e la Iustitia, non realizzate ad affresco, ma con l’inusuale tecnica dell’olio su muro, costituiscono la preziosa traccia autografa lasciata da Raffaello nella Sala di Costantino. Questa scoperta, avvenuta nel 2017 e annunciata nel 2021, nel corso del restauro della Sala (l’ultimo ambiente delle Stanze raffaellesche in Vaticano, iniziato dal maestro e portato a compimento dalla sua bottega, dopo la morte dell’Urbinate nel 1520), è la più grande sorpresa riservata dal restauro, un lavoro delicato e complesso durato dieci anni. Gli esiti del progetto decennale, intrapreso nel marzo del 2015 e conclusosi nel dicembre 2024, sono stati presentati il 26 giugno da Barbara Jatta, direttrice dei Musei e dei Beni Culturali Vaticani, Fabrizio Biferali, curatore del reparto per l’arte dei secoli XV-XVI, Francesca Persegati e Fabio Piacentini, del Laboratorio restauro dipinti e materiali lignei e Fabio Morresi, responsabile del Gabinetto di Ricerche Scientifiche applicate ai Beni Culturali.

«Oggi, ha detto Barbara Jatta, celebriamo non solo un traguardo di conservazione, ma anche una nuova possibilità di lettura critica e visiva di uno dei luoghi simbolo della pittura rinascimentale. La Sala di Costantino torna a essere un atlante figurativo di rara potenza narrativa e simbolica». Come aveva anticipato la direttrice nel 2017 a «Il Giornale dell’Arte», parlando delle figure della Comitas e della Iustitia, che vengono a trovarsi come punti angolari tra le scene della «Visione della Croce» e della «Battaglia di Ponte Milvio»: «Le fonti storiche ci annunciavano la presenza di Raffaello nella Sala di Costantino, ma solo grazie al restauro è stato possibile affermare con certezza che le due figure femminili sono di mano dell’Urbinate, che le eseguì con l’inusuale tecnica dell’olio su muro. Più che una scoperta, possiamo chiamarla dunque riscoperta, alla luce della quale Raffaello ci appare ancora di più in tutta la sua grandezza. Nella sua raffinatezza, il pittore, accantonando la tecnica dell’affresco, desidera eguagliare la perfezione cromatica della pittura a olio su tavola, trasportandone cangiantismi e vibranti cromie su muro. Il confronto stringente è sicuramente con la “Trasfigurazione” che si pone, assieme alle due figure femminili della Sala di Costantino, tra le sue estreme creazioni. Sappiamo difatti da Paolo Giovio che Raffaello inizia la decorazione della Sala, per papa Leone X, nella primavera del 1519 e muore nell’aprile del 1520».

«La battaglia Ponte Milvio» nella Sala di Costantino

Quanto la Sala sia cruciale per la comprensione della coeva, e futura, pittura a Roma, è messo in evidenza da Fabrizio Biferali: «Il pieno recupero delle iconografie della Sala di Costantino, dalle pareti alla volta, consente oggi di poter meglio visualizzare in essa i cruciali passaggi storici che hanno caratterizzato la Chiesa di Roma nel Cinquecento: dai primi decenni, dominati dai due gloriosi papati medicei di Leone X e Clemente VII, ai decenni centrali di Paolo III Farnese e Paolo IV Carafa, segnati dalle novità del Concilio di Trento e della riforma della curia, fino al tramonto del secolo con i papati controriformistici di Gregorio XIII Boncompagni e Sisto V Peretti, durante i quali la decorazione fu completata».

L’intervento conservativo ha interessato l’intera superficie della Sala: dagli affreschi parietali con la «Visione della Croce», la «Battaglia di Ponte Milvio», il «Battesimo di Costantino» e la «Donazione di Roma» (eseguiti dalla bottega raffaellesca guidata da Giulio Romano e Giovan Francesco Penni), fino alla volta del soffitto, su cui Tommaso Laureti, nel tardo Cinquecento, affrescò l’illusionistico «Trionfo del cristianesimo sul paganesimo».

Il restauro è stato effettuato dopo una complessa campagna diagnostica, condotta dal Gabinetto vaticano di ricerche scientifiche, con tecnologie d’avanguardia: riflettografia a 1.900 nanometri, infrarosso in falsi colori, fluorescenza UV e analisi chimiche puntuali. Inoltre, l’intero ciclo è stato documentato con un modello tridimensionale basato su scansioni laser. «Le tecnologie ci hanno permesso, ha illustrato Fabio Morresi, di penetrare gli strati del tempo e restituire voce alla materia pittorica, evidenziando anche differenze esecutive significative che raccontano la complessità del cantiere rinascimentale». Anche le cromie originali sono tornate a nuova luce, come spiega il restauratore Fabio Piacentini: «Il restauro è stato come sollevare un velo secolare: dietro la patina del tempo, ogni dettaglio ha ritrovato luce, profondità e significato. Raffaello, la sua bottega, Laureti, tutti di nuovo in dialogo visivo, dopo secoli di silenzio».

Al pari del cantiere raffaellesco, in cui operarono, armoniosamente, gli allievi dell’Urbinate, allo stesso modo storici dell’arte, restauratori, chimici, fisici e tecnologi dei Musei Vaticani hanno operato in piena sinergia, per restituire la visione complessiva di quello che è, conclude Biferali, «un vero e proprio palinsesto della pittura a Roma, dai primi agli ultimi decenni del XVI secolo».

Tommaso Laureti, «Trionfo del cristianesimo sul paganesimo» prima del restauro

Tommaso Laureti, «Trionfo del cristianesimo sul paganesimo» dopo il restauro

Arianna Antoniutti, 26 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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Scoperta la «firma» di Raffaello nella Sala di Costantino | Arianna Antoniutti

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