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Gaspare Melchiorri
Leggi i suoi articoliGli scavi archeologici condotti a partire dal 2024 nell’antico sito di Sijilmassa, nel Sud del Marocco, dall’Istituto Nazionale di Scienze dell’Archeologia e del Patrimonio (Insap) del Paese nordafricano hanno portato alla luce la più antica moschea marocchina finora conosciuta, che copre una superficie di 2.620 metri quadrati, per una capienza totale che si calcola fosse di circa 2.600 fedeli. Le vestigia sono datate tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo. I lavori sulle prime stratificazioni della moschea hanno portato alla luce frammenti a motivi geometrici, vegetali ed epigrafici, decorazioni che costituiscono le più antiche testimonianze dell’arte islamica del Paese.
Sono poi riemersi centinaia di frammenti di legno dipinto del XVIII secolo in cedro policromo, con tracce di dorature a foglia d’oro, la prima prova materiale di una decorazione architettonica alawita in questa antica città. Il quartiere residenziale alawita (XVII-XVIII secolo) scoperto nella circostanza, composto da 12 case disposte attorno a cortili, offre un importante panorama di vita domestica dell’epoca: salotti, spazi di stoccaggio, stoviglie e persino resti di datteri.
L’importanza dell’antica città è dimostrata anche da altre scoperte, come quella della presenza di un’antica zecca: è stato scoperto uno stampo in ceramica a «nido d’ape», destinato alla fabbricazione di grezzi per monete d’oro, con ancora alcune tracce auree. Questo rinvenimento, unica in Marocco e secondo in Africa dopo Tadmekka (Mali), conferma Sijilmassa come importante centro di produzione dei dinari sigilmassiani, di cui il Marocco conserva alcune preziose testimonianze nei suoi musei archeologici.
Le operazioni, coordinate dal Ministero della Gioventù, della Cultura e della Comunicazione marocchino, si sono svolte finora su una superficie complessiva di circa 9mila metri quadrati. La città di Sijilmassa, fondata nell’VIII secolo, fu nell’antichità un importante crocevia tra il mondo mediterraneo, il Maghreb e l’Africa subsahariana, e si trova presso l’attuale cittadina di Rissani, un centro rurale di 5mila abitanti circa.
Il progetto è stato inizialmente guidato dal professor Lahcen Taouchikht; poi dalla professoressa Asmae El Kacimi, che ha diretto un team interamente marocchino dell’Insap.
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