Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliOltre dodici anni dopo il disastroso terremoto che nel maggio 2012 ne ha messo a forte rischio la struttura muraria e la cupola alta 42 metri (la più elevata della città), ha riaperto la chiesa dedicata allo spagnolo fondatore dell’Ordine dei Predicatori, san Domenico di Guzman (1170-1221). Situata a fianco di Palazzo Ducale, affidata oggi ai Padri Paolini e per oltre due secoli chiesa di corte, San Domenico racchiude uno dei maggiori capolavori di Antonio Begarelli (Modena, 1499-1565), il gruppo di sette statue in terracotta raffiguranti a grandezza naturale «Gesù in casa di Marta, la Maddalena, gli apostoli Pietro e Paolo e donne», realizzato nel 1544 e qui collocato dal 1823. Il gruppo, citato da Vasari nella «Vita» dell’artista, è tra le poche opere che si salvarono dalla demolizione della chiesa duecentesca avvenuta nel 1707-08, quando venne edificata la chiesa attuale su progetto dell’architetto bolognese Giuseppe Antonio Torri (1658-1713). Fortunatamente non è stato danneggiato dal sisma del ’12, ma di fatto è invisibile da allora.
Il restauro della chiesa è stato progettato a fine 2017 e i lavori, coadiuvati dall’Ufficio ricostruzione dell’Arcidiocesi di Modena, sono stati affidati alla Impresa di restauro Leonardo di Casalecchio di Reno (Bo) e diretti dall’architetto Elena Silvestri e dall’ingegner Alessandro Lometti. Dopo la prima tranche dei lavori, terminata nel settembre 2019 e costata poco meno di 400mila euro, ha preso il via un secondo stralcio da 1,5 milioni di euro di Regione Emilia Romagna, appena concluso. Silvestri e Lometti spiegano così come la chiesa, assai compromessa, è stata messa in sicurezza: «Il sisma del 2012 ha provocato numerose lesioni diffuse sulle murature, sulle volte, sugli archi, sulla cupola e sul campanile risalente al 1835 di questo edificio dotato di enorme cupola centrale che si eleva fino a più di quaranta metri sopra l’aula ellittica. Il progetto di riparazione e rafforzamento locale ha previsto la messa in opera di numerosi tiranti in acciaio tra i numerosi archi, di cui la chiesa era priva in precedenza, con il fine di collegare tutte le strutture murarie e limitare, così, l’attivazione in futuro dei meccanismi strutturali innescati dalle scosse sismiche. Altri interventi hanno inoltre riguardato alcune volte, consolidate mediante la fasciatura dell’estradosso con fibre in acciaio. Le lesioni delle murature sono state inoltre riparate con iniezioni con malte a base di calce, ai fini di ricostituire la continuità muraria e gli intonaci della cupola, a rischio di distacco, sono stati recuperati attraverso l’utilizzo di un altissimo ponteggio. È stato inoltre effettuato un importante intervento di consolidamento delle murature e della guglia del campanile, già compromesso da terremoti passati, e si è provveduto al restauro delle basi monumentali delle croci presenti sul sommità del campanile e della facciata. Nell’ambito dei lavori si è potuta restaurare anche una piccola cappellina ovale della Beata Vergine Addolorata risalente a inizio XX secolo che è risultata essere in stato di grave degrado». Qui, sull’altare, è conservata una «madonna vestita» ancora non studiata che potrebbe risalire al XVI secolo.
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