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Redazione GDA
Leggi i suoi articoliTra le correnti artistiche dagli esiti più interessanti, anche se spesso contrastanti, il Simbolismo ha un ruolo estremamente rilevante. Verrebbe da chiedersi: «Simbolismo o Simbolismi?», tante sono le anime di questo movimento che dilaga in Europa nel corso dell’Ottocento, «discendendo dallo Spiritualismo del Settecento e per altro verso anche da Romanticismo, e proiettandosi poi a sua volta verso le successive avanguardie del Novecento». Lo descrive così la storica dell’arte messinese Teresa Pugliatti in un articolato volume da poco pubblicato dalla casa editrice siciliana Magika. «Il Simbolismo, scrive la studiosa, non è riconoscibile in uno Stile, ma piuttosto in un atteggiamento[…] Nella visione globale di questo movimento così definito, emergerà una varietà di posizioni e di istanze tale da rendere difficile comprendere che si ha a che fare con un movimento. Tuttavia, ciò che conta è tenere presenti alcuni dei punti più caratterizzanti, e tra questi, il rifiuto del realismo borghese e della civiltà industriale, in nome della sovranità della fantasia, dell’invenzione e della ricerca di puri valori estetici e morali». La Pugliatti, già nota per i suoi studi sul Manierismo cinquecentesco, che lei idealmente accomuna al Simbolismo nel suo essere reazione soggettiva e a tratti anarchica al presente e alle regole del naturalismo, dedica ben più di quattrocento pagine a esaminare con certosina analiticità un fenomeno tanto complesso, in un volume che è anche il frutto di una lunga revisione di tutti gli appunti e dei testi delle dispense dei corsi universitari tenuti dall’autrice, professore ordinario di Storia dell’arte moderna, prima all’Università di Messina e poi di Palermo. Ciò si rintraccia nello stile discorsivo, icastico proprio di chi sa parlare a un pubblico di studenti mantenendo sempre alto il profilo delle sue riflessioni, ove la semplicità è sinonimo di chiarezza e mai di banalizzazione.
La novità maggiore dell’opera, dal punto di vista dell’assunto critico che vi sta alla base, sta nell’aver individuato nella cultura anglosassone, in particolare nell’esperienza dei Preraffaelliti, una delle radici del Simbolismo europeo, con ampio spazio dato a un autore quale Walter Crane e alle Arts and Crafts di William Morris, togliendo il diritto di primogenitura alla Francia, pur protagonista del volume con un corposo capitolo su Moreau, Puvis de Chavannes e Redon. Notevole e ben riuscito, inoltre, lo sforzo di offrire una visione sistematica, organizzata, omogenea delle varie realtà nazionali: Inghilterra, Francia, Germania, Svizzera in questo primo volume, mentre Belgio, Italia, sino alle Secessioni mitteleuropee e all’Art Nouveau internazionale, insieme al secondo Simbolismo della scuola di Pont Aven e dei Nabis sono al centro del secondo volume, di prossima uscita. Il volume, con una presentazione di Eva di Stefano e una premessa di Luigi Ferlazzo Natoli, è corredato da immagini a colori e da un ampio e ricco apparato di note, oltre che da una corposa bibliografia.
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