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Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliIl 2 ottobre Reus (Tarragona), città della Catalogna che ha dato i natali ad Antoni Gaudí, inaugurerà il New Art Centre (www.newartfoundation.art), un progetto che aspira a trasformarne l’identità culturale tradizionalmente legata al nome dell’architetto e del modernismo catalano: non più solo custode del passato, ma laboratorio dell’arte del futuro.
Promosso dalla New Art Foundation (Naf) e con una superficie complessiva di oltre 3mila metri quadrati, il nuovo spazio si propone come un centro internazionale dedicato all’arte tecnologica, capace di integrare esposizione, conservazione, ricerca e formazione.
Il Nac è un progetto della New Art Foundation, attiva da anni nella promozione dell’arte contemporanea legata ai new media. Il progetto, sviluppato sotto la direzione artistica di Vicente Matallana e finanziato dall’imprenditore catalano e collezionista Andreu Rodríguez e da sua moglie, l’artista di origine francese Marie-France Veyrat, affonda le sue radici nel 2003 con la nascita della Collezione Beep di arte elettronica. La collezione si è consolidata all’interno della Fiera d’arte contemporanea ARCOmadrid, dove ogni anno partecipa con il Premio ARCO/Beep di arte elettronica, un riconoscimento riservato alle opere di New Media Art presentate dalle gallerie.
Con il passare degli anni, la collezione ha ampliato il proprio raggio d’azione, presentando le sue opere sia a livello locale che internazionale, in festival, centri d’arte e musei. «La collezione ha superato le 200 opere e meritava una sede che fosse non solo uno spazio espositivo, ma anche un centro di produzione e soprattutto conservazione. L’arte tecnologica è fragile e complessa da mantenere», ha dichiarato Andreu Rodríguez, presidente della Naf.
La collezione comprende opere di artisti spagnoli e internazionali che esplorano la relazione tra creatività e tecnologia. Tra le ultime acquisizioni spicca Eduardo Kac con la sua recente opera «Adsum» e nomi di rilievo come Antoni Muntadas, Daniel Canogar, Rafael Lozano-Hemmer, Marina Núñez, Joan Fontcuberta e il recentemente scomparso Zush/Evru.
Il cuore del Nac è costituito da diverse aree funzionali. Una sala espositiva di quasi 200 metri quadrati destinata a mostre tematiche. Una sala permanente di oltre 300 metri quadrati che presenterà in rotazione le opere della collezione. La Sala McCall, uno spazio permanente destinato a «Face to face II» (2013), una classica videoinstallazione dell’artista britannico Anthony McCall, in cui fasci di luce, proiezioni e fumo creano uno spazio magico. L’offerta si completa con il deposito visitabile, uno spazio di circa 1.500 metri quadrati considerato un’innovazione museografica che permette al pubblico di osservare da vicino il lavoro di manutenzione delle opere. Uno degli aspetti più innovativi del Nac è il laboratorio di produzione e formazione, pensato per ospitare artisti in residenza, workshop e attività didattiche.
Dopo anni in cui l’arte tecnologica sembrava essere sinonimo di arte immateriale e di ricerca di nuovi formati espositivi, il ritorno a uno spazio assolutamente tradizionale è quantomeno spiazzante, anche se il progetto ha ricevuto il pieno sostegno delle istituzioni, locali e nazionali. Secondo le dichiarazioni di Rodríguez, l’investimento iniziale, pari a 2 milioni di euro, è stato interamente coperto dal gruppo familiare, mentre il bilancio annuale si aggirerà intorno agli 800mila euro. Il centro aspira a generare risorse proprie offrendo servizi ad artisti e istituzioni, con l’obiettivo dichiarato di raggiungere, nel lungo periodo, la totale autosufficienza economica.

«Adsum» di Eduardo Kac. Foto © Arte Edad Silicio

«Face to face II» (2013) di Andrew McCall
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