Simone Facchinetti
Leggi i suoi articoliUn’altra estate è finita (o quasi). Come in tutte le stagioni si sono verificate strane apparizioni sul mercato.
Sono gli oggetti non identificati che ci fanno capire quanto sia straordinariamente vitale il sottobosco, dove proliferano le occasioni più impensabili. Ci concentreremo su due sleeper che si sono risvegliati improvvisamente, uno a Oxford, l’altro ad Anversa, ma sono solo gli episodi più eclatanti, mentre sono innumerevoli quelli che, cara grazia, non fanno così tanto baccano, perché il buon risveglio, di regola, deve avvenire in un ambiente controllato e silenzioso.
Il primo caso è da manuale: il 10 luglio Mallams ha allestito un’asta generalista («Art & Music») e ha classificato alla meno peggio il lotto 524, «Sant’Agnese», come «Circle of Guido Reni». La stima di 2-3mila sterline significava che non avevano la minima idea che si trattasse di un autografo di Carlo Dolci (1616-86), battuto fino a 80mila sterline da chi se ne intendeva di più.
Il secondo caso fa ancora più impressione, passato da Campo & Campo lo scorso 28 maggio (lotto 125) come il «Ritratto di un sultano» realizzato da un anonimo. Quando il proprietario ha portato la tavola presso la sede della casa d’aste si è sentito dire che la stima si aggirava intorno ai 500 euro, ma gliel’ha lasciata comunque. Qualche tempo dopo la stima era salita a 2-4mila euro, sulla scorta dell’individuazione del sigillo che si trova sul verso del dipinto e che lo riconduce alla collezione di re Guglielmo III d’Orange (1650-1702). Al termine dell’asta l’opera è stata venduta a 3 milioni di euro. Un bel salto, non c’è che dire. Gli esperti di Campo & Campo invece di sentirsi imbarazzati hanno festeggiato allegramente e, per giustificarsi, hanno dichiarato che «non è compito di una casa d’aste condurre ricerche scientifiche». Vero, ma saper distinguere una crosta da un capolavoro sarebbe sufficiente. Nei giorni successivi i social si sono scatenati per capire chi fosse il personaggio raffigurato, fino a che Adriana Concin-Tavella ha dimostrato in modo incontrovertibile che si tratta di Jahangir (in persiano «conquistatore del mondo»), imperatore Mughal con nome di Nur al din Salim (1569-1627). Ora resta da stabilire chi sia l’autore dell’opera, forse Rembrandt in persona (i tratti semplificati andrebbero spiegati con l’imposizione di un modello iconografico). Se il nome sarà confermato, la somma raggiunta andrà moltiplicata almeno per 10. Un ottimo investimento per chi l’ha comprato, un po’ meno per chi l’ha venduto!
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