Gianfranco Fina
Leggi i suoi articoliL’attesa relativa all’asta della collezione di Gianni Giordano è finita, la vendita infatti si è svolta martedi 26 e mercoledi 27 novembre nelle sale della nuova sede di Sotheby’s, in rue du Faubourg Saint-Honoré, a Parigi. La vendita, accompagnata da un catalogo altamente professionale con schede esaustive per ognuna delle opere proposte, era denominata «Une vision Muséale», e divisa in due tornate, proponeva il primo giorno 61 lotti con stima totale compresa tra i 10 ed i 15 milioni di euro e 92 lotti con stima totale compresa tra i 1.850.000 euro e 2.800.000 euro nel secondo giorno. Sotheby’s aveva ampiamente creduto in questa collezione promuovendola già da molti mesi attraverso interviste e descrizioni su riviste di settore e di costume, per cercare di riportare l’arte antica all’attenzione dei grandi acquirenti internazionali che ora sono particolarmente attratti dal moderno e contemporaneo.Le valutazioni, contrariamente alla tendenza suicida attuale, erano piuttosto elevate; quindi, le opere erano destinate ad un pubblico di acquirenti privati, ricchi e competenti, mentre tendevano ad allontanare i mercanti, abituati a comprare a prezzi molto più convenienti. Quando il livello della merce è molto elevato, per qualità, storia, provenienza, come lo era in questa vendita, è non solo corretto, ma doveroso proporre delle stime consone al pedegree dell’opera. Fatte queste considerazioni, è stato venduto il 60% dei lotti ad una cifra complessiva di circa 6.500.000 euro al martello che, con i diritti diventa circa 7.800.000 euro; sono stati venduti 36 lotti ad una cifra media di 216mila euro l’uno, 24 oggetti invenduti, 1 ritirato. Sottolineiamo che Sotheby’s da maggio 2024 ha notevolmente ridotto le commissioni dovute dall’acquirente che risultano ora del 20% per gli oggetti battuti fino a 5milioni di euro e del 10% per l’eventuale parte eccedente questa cifra; questa lodevole iniziativa è nata per offrire agli acquirenti un maggiore potere d'acquisto e ci auguriamo che possa anche essere adottata da tutte le altre case d’aste. Analizzando la vendita in dettaglio, l’oggetto che ha ottenuto la cifra più alta, com’era ampiamente previsto, è stato il grande pannello di pietre dure rappresentante il porto di Livorno, opera delle botteghe granducali fiorentine, circa 1770, che ad una stima di 800mila-1.500.000 di euro, ha risposto con un’aggiudicazione di 1.380.000 euro (diritti inclusi), opera che si spera sia destinata ad un grande museo internazionale. Commissionata da Leopoldo II, Granduca di Toscana e Imperatore del Sacro Romano Impero, è parte di una serie di opere analoghe di cui gli altri esemplari si trovano esposti al palazzo Hofburg di Vienna.
La coppia di grandi vedute del Tevere con il porto della Legna ed il porto di Ripa Grande, peraltro già nota al mercato, ha raggiunto la cifra totale di 780mila euro, risultato leggermente inferiore alle aspettative. Stessa cifra (780mila euro) acquisita anche dal dipinto di Vernet, il cui soggetto «varo di una nave da guerra» è piaciuto al punto di ottenere un’offerta finale superiore alla stima massima. Il quarto prezzo l’ha raggiunto la coppia di vasi a coppa in porfido rosso arricchiti da una straordinaria montatura in bronzo dorato ed eseguiti in un laboratorio parigino di fine Settecento, su disegno del grande Petitot, architetto e designer, che ha dato alla città di Parma quel volto nobile ed elegante che ancor oggi possiamo vedere ed apprezzare. Il martello ha battuto a 400mila euro (480mila euro con i diritti), stima minima raggiunta. Ottimo risultato anche per il pannello in micromosaico raffigurante il tempio di Vesta a Tivoli, con una superba cornice di bronzo dorato, eseguita da Paolo Spagna (noto per essere uno dei migliori argentieri romani del XVIII secolo) che presentava al centro lo stemma di papa Pio VI, Giannangelo Braschi (regnante dal 1775 al 1799). Con una stima di 250mila-500mila euro (ma, ci chiediamo, perché proporre delle forchette di prezzo così ampie? Forse destabilizzano troppo l’acquirente non professionista che potrebbe non capire se ha fatto un affare o preso una fregatura) la gara si è fermata a 350mila euro, cifra che con i diritti diventa 420mila euro. Il dipinto neoclassico raffigurante «Sesto Tarquinio che ammira la virtù di Lucrezia», opera di Jean Jacques Lagrenée, firmata e datata, già venduta a 753mila euro nel 2008, ha raggiunto ora «solo» la cifra totale di 420mila euro. A seguire troviamo la bellissima coppia di cassettoni napoletani del pieno settecento, lastronati in parchetteria, a due cassetti e belle applicazioni in bronzo dorato e cesellato che hanno raggiunto la cifra di 300mila euro (360mila con i diritti). Va ricordata anche la testa dell’imperatore romano Adriano, in porcellana bianca di Doccia, di circa 35 cm di altezza, ed eseguita nel 1754, opera rara, eseguita probabilmente copiando un originale in marmo d’epoca romana imperiale, che da una base di 100-150mila euro, ha raggiunto dopo una vivace gara tra offerenti in sala, al telefono e su internet la cifra di 200mila euro (240mila euro con i diritti). Curiosamente un’altra testa di Doccia, ma raffigurante l’imperatore Traiano, ha faticosamente raggiunto la cifra di stima minima: 60.000€ (72.000 con i diritti). È stata ritirata, senza spiegazioni, la coppia di cassettoni di Maggiolini da cui si attendevano 700mila-1milione di euro; invenduto è stato il grande e storico dipinto di Panini, raffigurante il marchese Molinari ordinato arcivescovo da papa Benedetto XIV stimato 600-800mila euro. Concludendo possiamo dire che la vendita sia stata tutto sommato positiva, dato che sono stati venduti, oltre a quasi tutti i dipinti, anche gran parte dei mobili proposti a cifre considerevoli.
La seconda tornata di vendite proponeva inizialmente un nutrito gruppo (27) di micromosaici, poi, in ordine sparso, porcellane di Meissen, mobili romani, torinesi, veneziani e toscani, dipinti, bronzi e opere di intaglio di Bonzanigo ed allievi, tutti caratterizzati da un’ottima qualità, stato di conservazione e provenienza. I micromosaici, o mosaico colato, opere di infinita pazienza, che videro la nascita nell’ultimo quarto del settecento nelle botteghe dei fornaciari romani, hanno riscosso un successo totale, infatti la stima complessiva era compresa tra 350mila ed i 512mila euro, il risultato finale è stato di circa 600mila al martello che con i diritti d’asta ha raggiunto 720mila euro. Nella vendita erano comprese scatole, placche ed un piano di tavolo, tutte opere di alta qualità, sovente montate in oro e decorate con scene di vedute romane o figure mitologiche che, da voci raccolte nella sala, pare siano state tutte vendute ad un’unica collezionista. Il top lot della tornata è stato il piano rotondo con viste della Roma antica, attribuito alla mano di Michelangelo Barbieri, che è stato battuto a 160mila euro (192mila euro con i diritti), superando abbondantemente la stima massima di 100mila euro, ma anche tutti gli altri micromosaici hanno ottenuto ottimi risultati, tra tutti segnaliamo la scatola rotonda, raffigurante un «Ecce Homo», montata in oro ed attribuita a Vincenzo Vermejo che ha raggiunto i 72mila euro contro una stima di 8-12mila euro.
Dopo un inizio così sfavillante si pensava che la vendita sarebbe continuata sullo stesso trend, purtroppo non è stato così. Poco interesse per i mobili, da rilevare solo la vendita di un grande sofa’ veneziano in legno laccato a chinoiseries a 38.400 euro ed una coppia di poltroncine veneziane a pozzetto della metà del ’700, anch’esse in legno dorato a 24mila euro, ma la serie di importanti poltrone romane, le consoles veneziane, le due serie di poltrone torinesi, lo scrittoio meccanico fiorentino ed altri notevoli pezzi, tutte opere che in altri tempi sarebbero state ambitissime, non sono state vendute. Tra i dipinti proposti ha fatto bene il ritratto di un grande segugio (cane di Sant’Uberto), attribuito a Baldassare de Caro, che ha acceso una vivace gara tra vari collezionisti chiudendo a 42mila euro diritti compresi. Una coppia di vedute del Brenta con rovine di Gianbattista Cimaroli ha toccato i 60mila euro, mentre un’altra coppia di scene di genere animate da personaggi, di Lacroix de Marseille ha superato la stima minima di 100mila euro raggiungendo i 118mila euro (141.600 euro con i diritti). Nessuna fortuna invece per il dipinto di Pécheux «Trionfo di Nettuno» e per la coppia di Vittorio Amedeo Rapous, «Putti musicanti». Venduti piuttosto bene i microintagli di Bonzanigo, Bianco e Tanadei, in particolare quest’ultimo, autore dell’allegoria di Vittorio Emanuele I, tutto in avorio contro una base di 10/15.000€ ha raggiunto i 26.000€ di martello (31.200 con i diritti). In totale questa seconda tornata ha ottenuto la cifra complessiva di 1.663.680 euro con i diritti, con un venduto del 70%. Concludendo possiamo dire che la vendita della collezione Giordano non ha avuto nessun exploit inaspettato, ma è stata calibrata e intelligente, gestita molto bene da Sotheby’s, con un catalogo destinato a diventare anch’esso un pezzo da collezione.
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