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Francesca Romana Morelli
Leggi i suoi articoliI soggetti dei dipinti di James Tissot (1836-1902), ritrattista talentuoso della mondanità e di esponenti della cultura francese, poi della società vittoriana, tra rivoluzione industriale e colonialismo, sollevarono forti critiche. John Ruskin definì i suoi dipinti «semplici fotografie della società volgare». Fedele alla lezione di Ingres e della migliore pittura olandese, guardò anche a Degas, Rossetti, Millais e Alma-Tadema. Ritraendo situazioni dall’apparenza ingannevole con tono sottilmente ironico, seppe trasformare attimi di vita ordinaria in imprese eroiche.
Dal 26 settembre al 21 febbraio il Chiostro del Bramante propone, con la cura di Cyrille Sciama del Musée des Beaux-Arts di Nantes, una settantina di suoi dipinti e incisioni (molti prestiti internazionali). Tissot inizia trattando soggetti storici e letterari tra i quali sono esposti «L’incontro tra Faust e Margherita» e due oli con «La partenza» e «Il ritorno del figliol prodigo». In seguito si appassiona alla mondanità parigina, focalizzandosi sul moderno e spregiudicato fascino femminile, come si vede nel «Ritratto» (1876) raffigurante una donna sull’uscio di una casa, e in «The Gallery of Hsm Calcutta (Portsmouth)» (1876 ca), che raffigura il flirt tra un ufficiale e una giovane donna, quadro bollato dallo scrittore Henry James come «duro, volgare e banale».
Imprenditore della sua arte, negli anni Sessanta dell’Ottocento scopre Londra e il mercato anglosassone. In seguito alla Comune di Parigi (1871), Tissot si stabilisce nella capitale inglese, dove la borghesia in ascesa scalza l’aristocrazia terriera. In questo periodo dipinge «La figlia del guerriero» (1879), in cui una donna seducente accompagna il padre costretto su una sedia a rotelle, ma il suo sguardo rivolto verso l’osservatore distoglie l’attenzione dall’eroe di guerra in primo piano.
A Londra Tissot s’innamora della divorziata e adultera Kathleen Newton, protagonista di diverse opere in mostra che narrano della convivenza in una dimensione ritirata, finché la donna non si ammala di tisi e si suicida. In preda a una crisi mistica, Tissot viaggerà per dieci anni in Palestina e in Medio Oriente, periodo rappresentato in mostra da una serie di opere sul tema del viaggio, metafora della condizione di «eterno viandante» dell’artista.
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