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Jacques Jordaens, «Il re beve»

© Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique, Bruxelles. Foto: J. Geleyns-Art Photography

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Jacques Jordaens, «Il re beve»

© Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique, Bruxelles. Foto: J. Geleyns-Art Photography

Tra Cinque e Seicento le feste erano la risposta terapeutica ai mali dell’epoca

Al Palais des Beaux-Arts di Lille oltre 100 opere illustrano l’immaginario di celebrazioni urbane o aristocratiche nell’arte fiamminga di Brueghel, Rubens o ancora Jordaens

L’immaginario della festa nell’arte fiamminga del Cinque e Seicento è al centro della mostra primaverile del Palais des Beaux-Arts di Lille, che propone un ricco percorso attraverso più di 100 opere di maestri come Brueghel, Rubens o ancora Jordaens. Con il titolo «Feste e celebrazioni fiamminghe», dal 26 aprile al 31 agosto, la rassegna nasce dalla collaborazione del museo di Lille con il Louvre di Parigi e i Musées Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles, che hanno prestato numerose opere. È stata dunque curata a più mani, tra il Belgio e la Francia, da Juliette Singer, direttrice del museo del Palais des Beaux-Arts, affiancata da Sabine van Sprang, per i musei belgi, e Blaise Ducos, per il Louvre. Il percorso in quattro capitoli comincia ponendo le basi storiche: tra il 1550 e il 1650 l’Europa è perennemente in guerra tra rivalità religiose e politiche, e le feste sono una sorta di risposta terapeutica ai mali dell’epoca. «Rappresentano uno sfogo e posseggono una dimensione regolatrice: l’arte che si dispiega in occasione di queste feste illustra la costruzione di uno spazio (effimero, ma ricorrente) di pace», spiega il museo. La festa per dimenticare il sangue, i saccheggi, gli incendi, i pericoli, dunque, ma anche per rompere la monotonia del lavoro e per creare un senso di appartenenza.

L’iconografia fiamminga è molto ricca, al punto che la rappresentazione delle «feste dei re» divenne un vero genere stilistico che si esportò anche all’estero, imponendosi soprattutto in Francia. Le altre sezioni esplorano i diversi tipi di feste. La prima, e più ampia, sezione è dedicata alle «feste e cerimonie urbane», grandiose, tra il sacro e profano, a tema religioso o militare; la seconda è dedicata ai «banchetti di nozze e feste paesane», per così dire popolari, che si svolgevano nelle campagne, in ambiente contadino, e la terza approfondisce le «feste dei re», che si tenevano nel palazzo del principe. Lungo il percorso sono allestiti dipinti, disegni, album e incisioni, ma anche manoscritti e oggetti dell’epoca associati al rito delle feste, in arrivo da numerose istituzioni olandesi e belghe. Gli artisti fiamminghi rappresentano scene di teatro all’aperto, di banchetti, di danze e tornei, di ricevimenti principeschi e opulenti, di sfilate, balli e «ommegang», tradizionali processioni religiose che risalgono al 300. Il Palais des Beaux-Arts espone i suoi due dipinti di Rubens che raffigurano l’ingresso nella città di Anversa del cardinale Ferdinando d’Asburgo, governatore dei Paesi Bassi spagnoli, nel 1635. Dal Prado di Madrid arriva di Jan Brueghel il Vecchio «Banchetto di nozze con l’arciduca Alberto e l’arciduchessa Isabella» (1612-13). Il Kunsthistorisches Museum di Vienna ha prestato opere di David Teniers il Giovane, mentre dai Musées Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles arrivano opere di Gillis van Tilborgh, Antoon Sallaert, Pieter Brueghel il Giovane («Festa paesana con teatro e processione») e di Jacques Jordaens («Il re beve»).

Luana De Micco, 09 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

Tra Cinque e Seicento le feste erano la risposta terapeutica ai mali dell’epoca | Luana De Micco

Tra Cinque e Seicento le feste erano la risposta terapeutica ai mali dell’epoca | Luana De Micco