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Francesca Romana Morelli
Leggi i suoi articoliLa Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini, con la mostra «Daniele da Volterra e la prima pietra del Paragone», aperta fino al 28 febbraio, avvia un ciclo espositivo, «Recuperi & scoperte», curato da Cinzia Ammannato, direttore del museo, e da Andrea G. De Marchi, responsabile scientifico del Gabinetto di Restauro della Soprintendenza e della ricognizione patrimoniale per il Polo Romano. Da un anno entrambi, in accordo con la soprintendente Daniela Porro, hanno intrapreso la verifica dello stato di conservazione, il recupero e lo studio di opere nei depositi museali e in prestito nelle sedi governative in Italia e all’estero. Un’operazione simile fu portata avanti da Rossella Vodret negli anni Novanta, quando era funzionario storico dell’arte alla GNAA: «Il costo di 20mila euro per questo progetto e per una prossima presentazione delle scoperte effettuate costituisce probabilmente un record nazionale sul terreno dell’economicità, commenta la Ammannato. Inoltre il dipinto “Davide e Golia” (nella foto, Ndr), sul quale s’incardina la mostra, con l’attribuzione a Daniele da Volterra, si è rivalutato di circa centodieci volte tanto». Una volta attribuita la lavagna al manierista toscano (1509-66) grazie a un marchio sul verso dell’opera riconducibile a una celebre collezione seicentesca, De Marchi ha ricollegato la committenza a monsignor Giovanni Della Casa, inquisitore e arcivescovo di Benevento che, racconta Vasari, dovendo scrivere un saggio sulla maggiore e più nobile capacità di rappresentazione della scultura o della pittura, una diatriba al centro del dibattito teorico rinascimentale, chiese al pittore di plasmare un gruppo con Davide e Golia e una pittura con lo stesso soggetto. La mostra, anche attraverso opere di altri artisti, ripercorre aspetti sul conteso primato e mette a fuoco caratteristiche tecniche e teoriche della pittura su pietra.
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