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Lidia Panzeri
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Alla Basilica Palladiana 43 dipinti e 86 disegni
Nel 1880 Vincent van Gogh, 27 anni, comunica al fratello Theo: «Ho deciso di diventare pittore». Iniziava così una parabola, fulminante per brevità e per il suo apporto rivoluzionario, della quale Marco Goldin si propone di ricostruire la genesi e seguire l’evoluzione nella mostra «Van Gogh. Tra il grano e il cielo», allestita nella Basilica Palladiana di Vicenza dal 7 ottobre all’8 aprile e corredata da un film girato dallo stesso Goldin sui luoghi dell’artista, e da un’antologica di Matteo Massagrande.
Il filo conduttore è costituito dalle lettere scritte da Vincent al fratello Theo, di cui è prevista la pubblicazione, mentre la genesi è all’insegna di Millet attraverso il tema del seminatore e rintracciabile soprattutto negli 86 disegni, a confronto di 43 dipinti, in maggioranza provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo (Olanda). Un esempio è l’accostamento tra il disegno «Gli zappatori (d’après Millet)» (1880) e l’olio su tela «Due zappatori (da Millet)» (1889), o ancora quello tra il foglio «Vecchio che soffre» (1882) e il dipinto «Vecchio che soffre (Alle porte dell’Eternità)» (1890), profetico annuncio dell’imminente suicidio.
Questo l’apprendistato, all’insegna del Realismo, cui segue la trasferta a Parigi e l’incontro con gli impressionisti. I colori diventano luminosi nei ritratti, negli interni di caffè e nei paesaggi come «Il ponte di Langlois ad Arles». Infine l’assolata Provenza, splendente anche sotto la pioggia, con i suoi ulivi contorti, le distese di papaveri e il giallo oro antico dei campi di grano. Effimeri istanti di felicità prima della tragedia che ha il suo sigillo nei disperati autoritratti.
Eserciterà una forte attrattiva sul pubblico la sala nella quale, attraverso un plastico di 20 metri quadrati, è ricostruito l’istituto di cura per malattie mentali a Saint-Rémy, nel quale Van Gogh si fece ricoverare da maggio 1889 a maggio 1890.
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