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Lidia Panzeri
Leggi i suoi articoliVenezia. Scambi di cortesia tra il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. A dividerli il problema delle grandi navi nel bacino di San Marco; a unirli l’interesse per il patrimonio artistico veneziano che li ha visti entrambi partecipi dell’inaugurazione oggi, 29 gennaio, di sette nuove sale al piano terra delle Gallerie dell’Accademia, che vanno ad aggiungersi alle 5 già aperte dallo scorso maggio.
«Un risultato altamente simbolico, visto che fino a 15 anni fa questi spazi erano condivisi con l’Accademia di Belle Arti», ha sottolineato la direttrice delle Gallerie, Paola Marini, che ha anche annunciato di voler iniziare entro l’anno il restauro del piano nobile, sede della storica collezione, e per i quali esistono già gli stanziamenti.
Nella sequenza delle sette stanze più la loggia, tuttavia, le preesistenze storiche legate all’istituzione dell’Accademia delle Belle Arti sono ben evidenziate. A cominciare dalla valorizzazione delle opere di Antonio Canova che fu quanto mai generoso nel donare modelli e calchi in gesso, a fini didattici. Opere di grande importanza, ma finora un po’ trascurate, per mancanza di spazi, certo, ma anche per pregiudizi. Ora i suoi gessi, secondo il progetto scientifico di Paola Marini, Giulio Manieri Elia e Roberta Battaglia, per l’allestimento di Tobia Scarpa, trovano la loro apoteosi nel tablino, progettato da Andrea Palladio (sala 13) dove è stata collocata anche la cattedra di Leopoldo Cicognara, direttore dell’Accademia dal 1808, in stile impero. A fianco, il suo busto eseguito da Canova e tutti intorno i gessi del ritratto a figura intera di Letizia, la madre di Bonaparte, insieme al busto di Napoleone e al «Creugante» (1796-1801), tra le prove più significative della prima maturità dell’artista, messi a confronto, nella sala 10, con i modelli in terracotta di Lottatori, Apollo e Pietà, nella vetrina che aveva progettato Carlo Scarpa.
Nella loggia (sala 7) trovano poste le metope di soggetto religioso e i gessi dei due leoni, posti ai lati e alla stessa altezza, del monumento funebre di papa Clemente XIII.
È questo uno dei restauri finanziato dal Comitato per la Salvaguardia di Venezia Venice in Peril Fund, presieduto da Jonathan Keates, che ha investito l’equivalente di 100mila euro.
«Il nostro interesse per Canova, dichiara Keates, è iniziato con il nostro impegno per il monumento a Tiziano alla Basilica dei Frari». Keates chiosa che questo intervento è un atto di riparazione per il fatto che nel Settecento, a Londra, il Palladio era autore sconosciuto.
L’altro soggetto determinante sono stati la Venice International Foundation Friends of Venice Italy inc., presidente Franca Coin, che già avevano raccolti i fondi per le stanze del Canova, inaugurate al Museo Correr lo scorso novembre.
Il capitolo dell’Ottocento comprende anche una sala 11 dedicata a Francesco Hayez, l’allievo più prestigioso del Canova. Una volta conclusasi la mostra antologica, in corso a Milano, vi figurerà anche il suo capolavoro de «La distruzione del tempio di Gerusalemme».
Nella sala 12, invece, sono esposti i busti in marmo dei maestri veneziani come quello di Giovanni Bellini, eseguito nel 1853 da Luigi Borro, autore anche di un emozionante bassorilievo, in gesso, intitolato «La liberazione dell’ossesso».
L’inizio del percorso invece (sala 8) è tutto settecentesco, in nome del successo internazionale che gli artisti di quell’epoca conobbero, a cominciare dai pastelli di Rosalba Carriera, tra cui l'autoritratto senile e il ritratto del console di Francia, Le Blond, uno dei vertici della sua arte. E ancora le invenzioni mitologiche di Sebastiano Ricci e di Jacopo Amigoni e, naturalmente, i vedutisti: Guardi, Marieschi e Bellotto
La sala 9 vede contrapposte da una parte le diverse allegorie di Morlaiter o di Novelli, operativi nella seconda metà del XVIII secolo; dall’altra i saggi quali prova d’ammissione all’Accademia. Spicca su tutti la «Prospettiva con portico» del Canaletto, l’unico dipinto autografo appartenente alle Gallerie. Canaletto dovette fare una lunga anticamera per accedere all’Accademia: vi fu infine accolto nel 1765, tre anni prima della sua morte.
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Canova, leone in gesso

Vista del tablino palladiano

Sala della pittura del Settecento




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