Vera Lutter

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Vera Lutter

Vera Lutter, spettacolare al MAST

Lavori di dimensioni gigantesche, fino a quattro metri, documentano in bianco e nero l’aspetto monumentale degli edifici industriali e il potenziale distruttivo della tecnologia

 La fotografa Vera Lutter, nata nel 1960 a Kaiserslautern, Germania, ha sempre pensato in grande. Così atterra a Bologna al MAST, fino al prossimo 6 gennaio, con dei lavori di dimensioni gigantesche, che ben giustificano il titolo della mostra «Spectacular. Un’esplorazione della luce». I soggetti trattati dall’artista corrispondono alla missione della Fondazione MAST, istituzione culturale filantropica basata su Tecnologia, Arte e Innovazione, che negli spazi espositivi accanto alla sede del gruppo industriale Coesia, ospita mostre temporanee dedicate alla fotografia dell’industria e del lavoro. La miniera di carbone di Hambach, tra le più grandi del mondo, la Battersea Power Station di Londra, il più grande edificio in mattoni d’Europa, lo Zeppelin, la più grande macchina volante mai costruita, il radiotelescopio Effelsberg dal diametro record di 100 metri, la fabbrica della Pepsi Cola a Long Island, aeroporti e cantieri negli Stati Uniti e in Europa diventano nella pratica fotografica di Vera Lutter luoghi in cui immergersi, forse familiari all’osservatore, ma esotici per via delle trasformazioni dovute alle lunghe esposizioni e dall’uso del bianco e nero: sono fotografie di due, tre e perfino quattro metri in cui perdersi e rimanere stupiti. La tecnica che Lutter ha messo a punto è una camera oscura, unica e di variabili dimensioni, per produrre fotografie negative in bianco e nero; le macchine fotografiche, a seconda del soggetto e della necessità, sono ormai una lunga sequenza di camere oscure che possono andare da bauli da viaggio fino ai container che l’artista recupera tra quelli normalmente impiegati nel trasporto marittimo, li modifica e li riutilizza: fotografa così i cantieri navali di Rostock, in Germania, tra i più vasti in Europa e in attività dalla fine del Settecento.

Una veduta della mostra di Vera Lutter al MAST © Fondazione MAST

Appendendo carta fotosensibile sulle pareti posteriori, di fronte a un’apertura senza obiettivo, la fotografa utilizza lunghi tempi di esposizione che vanno da ore e giorni a settimane; i tempi di posa molto lunghi non consentono di tenere traccia di ciò che si muove velocemente nel campo di ripresa e le immagini in negativo sono pezzi unici, irriproducibili, che non possono essere alterati o modificati, e diventano stampe di grande formato, realizzate con i più grandi fogli di carta fotosensibile disponibili sul mercato, impressionate direttamente all’interno della camera oscura. La prima camera oscura che utilizzò come fu la stanza in cui viveva a New York, trasformata in una macchina fotografica stenopeica, a stretta apertura, un piccolo foro come obiettivo fotografico a fuoco fisso.  «Sono opere spettacolari, spiega il curatore Francesco Zanot, senza che con ciò si intenda alcuna ostentazione, ma per il fatto che mettono al centro l’esperienza del pubblico trasportandolo in una dimensione che travalica l’ordinario». Alla ricerca tecnica sul mezzo fotografico, la Lutter ha nel tempo aggiunto un interesse specifico per lo sviluppo industriale del XIX secolo, focalizzandosi sull’aspetto monumentale degli edifici e sul potenziale distruttivo della tecnologia. Ispirata dall’architettura e dalla luce dei paesaggi urbani e industriali, dei luoghi di transito, quindi scoprendo il fascino dei monumenti storici e contemporanei e degli spazi artistici internazionali, la Lutter ci restituisce un mondo con tracce luminose e profondità buie trasformate in scatti pieni di luce, astratti e al contempo incredibilmente reali, svuotati da una presenza fisica che si percepisce comunque. Il processo fotografico messo a punto dall’artista è così complesso che inevitabilmente le opere registrano il passare del tempo, che diventa parte della propria ricerca. Ad esempio dal febbraio 2017 al gennaio 2019, Lutter durante una residenza presso il Los Angeles County Museum of Art, ha prodotto un corpus di lavori che esaminava l’architettura e la collezione dell’istituzione, esposto poi nel nel 2021 come «Museum in the Camera».

Una veduta della mostra di Vera Lutter al MAST © Fondazione MAST

Vera Lutter ha usato anche la sua base di New York come soggetto ricorrente per quella che ormai è diventata la catalogazione di un mondo veritiero, ma stupefacente e capovolto. Nelle sue immagini della città, elementi solitamente stabili come edifici e strade sono in uno stato di costante rinnovamento, una continua rivisitazione delle metropoli contemporanee. Un altro corpus di lavori, del 2022, presentava fotografie dell’antica architettura dell’Attica, insieme a immagini dei templi greci di Paestum, in Italia, e di statue classiche ospitate nel Metropolitan Museum of Art di New York. Abbracciando l’aspetto duraturo del suo mezzo, Lutter ha rivelato la bellezza di questi soggetti antichi in un modo sorprendentemente contemporaneo. «Oscuro la stanza e sistemo la carta fotografica, creando qualcosa di simile a un palcoscenico in cui la luce può agire. Adesso tutto ciò che accade nel mondo esterno alla stanza si svolge su ciò che ho creato. Poi mi siedo e lascio che il mondo si svolga, e tutto ciò che accade, accade», Vera Lutter. Una camera oscura è stata allestita alla sommità della rampa di ingresso alle Photo Galleries del MAST come spazio atelier per il pubblico e per attività didattica per bambini al fine di illustrare la tecnica usata da Vera Lutter per realizzare le sue opere.

Michela Moro, 16 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

Vera Lutter, spettacolare al MAST | Michela Moro

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