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Camilla Bertoni
Leggi i suoi articoliAperto a febbraio 2022 dopo pluridecennale attesa per dare dimora stabile alla mole di reperti emersi in attività di scavo degli ultimi quarant’anni, inizialmente con la sola sezione dedicata alla preistoria e alla protostoria, il Museo Archeologico Nazionale di Verona, nell’ex caserma austriaca di San Tomaso e diretto da Giovanna Falezza, è ora arricchito, con la collaborazione di Luciano Salzani, dalla nuova sezione dedicata all’Età del Ferro, inaugurata alla presenza del direttore del Polo museale Veneto Daniele Ferrara. Ma già si pensa alla sezione romana che si vuole aprire entro l'anno, possibile ora grazie a copiosi fondi statali, regionali e in arrivo dal Pnrr, per lungo tempo esigui e discontinui.
L’allestimento, con supporti multimediali e ricostruzioni 3D, è stato diretto da Chiara Matteazzi che ne spiega la filosofia: «Integrazione con un’architettura di forte personalità, rimanendo a servizio degli oggetti da esporre: il visitatore non deve percepire l’allestimento, ma attraverso di esso restare coinvolto nella visita. Teche, luci e illustrazioni devono ambientare i reperti e farli percepire nella loro essenza, tecnologia e multimediale facilitano la comprensione di tematiche complesse». Rarissimo il forno mobile in terracotta, importante testimonianza è lo scheletro di cavallo dalla necropoli di Oppeano, cinturoni, monili e spade provengono da corredi funebri di Veneti, Reti e Celti.
Intanto nel civico Museo Archeologico al Teatro Romano-Matr, restaurato e ampliato nel 2016, è stato inaugurato un nuovo percorso nell’ambito delle cicliche rotazioni di materiali conservati nei depositi (fino a ottobre 2023): «Animali nel mondo antico», a cura della responsabile Margherita Bolla e di Brunella Bruno, funzionaria della Soprintendenza, espone 130 piccoli bronzi sul tema degli animali, anche legati alla devozione, soprattutto del mondo classico, provenienti da scavi recenti e da donazioni in collezione. Diversi anni fa la strategia che il soprintendente Vincenzo Tiné (ora trasferito a Padova) proponeva alla città e alla Fondazione Cariverona, proprietaria dell’ex caserma asburgica di Castel San Pietro che domina la collina del Teatro Romano, era quella di uno scambio: posizionare l’allora costituendo Museo Archeologico Statale invece che a San Tomaso a San Pietro, in continuità e adiacenza con il civico Matr, sfruttando anche i numerosi ritrovamenti qui emersi.
Ma l’idea non fu perseguita e ora, frutto della carenza di pianificazione, restano irrisolti due nodi: il destino di Castel San Pietro, il cui restauro, iniziato con l’idea di trasferire qui il Museo di Storia Naturale, ora abbandonata, è fermo in attesa di decisioni e di strategie economiche, e la presenza di due musei archeologici (e forse un giorno di un terzo, a Castel San Pietro, ipotetico Museo della Città Romana) che si contendono reperti e visitatori. «Non saranno in conflitto, ma in collaborazione», garantiscono Ferrara e Falezza; chi visita l’uno avrà uno sconto sull’altro ed entrambi sono inseriti nell’offerta della Verona Card. Ma pensare a un biglietto unico, come succede in altre città, sarebbe davvero così difficile? Nel frattempo si sono conclusi gli scavi nell’ex Cinema Astra che hanno portato alla luce, a più riprese, un grande complesso di età romana la cui datazione si ipotizza collocarsi tra I e III secolo d.C., ma la cui destinazione resta un enigma. Ancora allo stadio progettuale le soluzioni architettoniche per conciliare la destinazione turistico commerciale dell’ex Astra con la percezione della memoria del vecchio cinema e la visione degli scavi.

L’area degli scavi nell’ex cinema Astra nel centro storico di Verona
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