Bruno Barbey, «Milan, Italy, 1966»

© Bruno Barbey/Magnum Photos

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Bruno Barbey, «Milan, Italy, 1966»

© Bruno Barbey/Magnum Photos

Zannier e Barbey, due diversi tipi di italianità

Nella Galleria Harry Bertoia sono allestite, al contempo, due mostre: una dedicata al fotografo neorealista che amò sperimentare con il mezzo, l’altra al francese che tentò di «catturare lo spirito di una Nazione attraverso le immagini»

Da una parte uno dei più vasti e articolati tributi al fotografo Italo Zannier (Spilimbergo, 1932), con la sua immensa produzione, dall’altra lo sguardo del francese Bruno Barbey (Marocco, 1941-Parigi, 2020) su «Gli Italiani»: sono le due mostre allestite fino al 4 maggio nella Galleria Harry Bertoia, spazio espositivo pubblico ricavato nelle stanze di Palazzo Spelladi a Pordenone e intitolato al designer friulano (1915-78), padre della celeberrima sedia «Diamond» in tondino di ferro. 

La prima, «Italo Zannier. Io sono io. Fotografo nella storia e storico della fotografia», a cura di Marco Minuz e Giulio Zannier, ricostruisce le molteplici sfaccettature dell’attività del fotografo che è stato curatore e collezionista, oltre che docente di Storia della fotografia nelle prime cattedre in Italia intitolate specificamente a questa materia, tra cui lo Iuav e Ca’ Foscari a Venezia, il Dams di Bologna, la Cattolica di Milano. I suoi esordi affondano le radici nell’adesione al Neorealismo e lo portano, nel 1955, a stilare il manifesto del Gruppo friulano per una nuova fotografia, a cui aderiscono, tra gli altri, Carlo Bevilacqua, Fulvio Roiter, Gianni Berengo Gardin e Nino Migliori, portando la ricerca dal formalismo estetico verso la sperimentazione. La mostra spazia dalla serie delle «Diacronie», dove il suo obiettivo ritorna sugli stessi luoghi a vent’anni di distanza e documenta lo scorrere del tempo, alle collaborazioni con le riviste di architettura e di fotografia, dai volumi delle collane Fotologia e Fotostorica alla documentazione di monti e coste d’Italia e alla curatela di mostre come «Italian Metamorphosis» che si tenne al Guggenheim di New York nel 1994.

«Gli Italiani», a cura di Caroline Thiénot-Barbey e Marco Minuz, propone per la prima volta in Italia, con una selezione di una settantina di stampe, il progetto fotografico che il francese Bruno Barbey realizzò fra il 1962 e il 1966 cercando di ritrarre il popolo italiano a tutti i livelli della società, sia per strada sia in interni, nella fase dello sviluppo economico postbellico. Con l’idea di «catturare lo spirito di una Nazione attraverso le immagini», le fotografie avrebbero dovuto costituire una pubblicazione nella raccolta che già comprendeva The Americans di Robert Frank (1958) e Germans di René Burri (1962), ma il lavoro fu pubblicato solo nel 2002. 

La mostra gode del sostegno di Magnum Photos, Académie des Beaux-Arts di Parisi, dell’Archivio Bruno Barbey e del patrocinio del Consolato di Francia e dell’Istituto francese di cultura di Milano. 

Italo Zannier, «Valcellina», 1953

Camilla Bertoni, 20 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

Zannier e Barbey, due diversi tipi di italianità | Camilla Bertoni

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