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Il giudice che voleva vederci chiaro

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Redazione GDA

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Qualche mese fa un giudice della Corte Suprema di Londra ha emesso una sentenza di 50 pagine che definisce il procedimento in base al quale i conoscitori formulano un’opinione sull’autenticità di un’opera d’arte. Per giungere alla sua decisione il giudice Justice Rose ha voluto calarsi nel ruolo di esperto decisore, avvalendosi dell’expertise di studiosi chiamati come testimoni in tribunale ma, in ultima analisi, dovendo basarsi sulla propria documentata osservazione diretta dell’opera (un esercizio da storico dell’arte insolito per un giudice). Il risultato è una rara e dettagliata ricostruzione del processo di autenticazione, che spesso lascia insoddisfatti i proprietari di opere d’arte.

Quanto costa dimostrare che un dipinto non è di Caravaggio? A 6 milioni di sterline sono ammontate le spese legali sostenute per quello che probabilmente è stato «il più costoso processo di sempre relativo a un antico maestro», quello con cui lo scorso gennaio Sotheby’s ha vinto la causa intentatagli dal proprietario di un presunto Caravaggio raffigurante tre giocatori di carte che la casa d’aste aveva venduto come «seguace di Caravaggio».
Autenticare un’opera d’arte è spesso difficile, e lo è ancora di più quando l’arte è antica di quattro o cinquecento anni e, spesso, almeno uno degli strumenti a disposizione dell’esperto, e cioè la provenienza, è limitato o inesistente. E la scienza (l’analisi dei materiali) non ci porta molto lontano perché molti dei problemi riguardanti gli antichi maestri nascono nelle botteghe degli artisti stessi.
Di conseguenza l’esperto decisore può confidare quasi unicamente su opinioni esperte relative alla qualità dell’opera, vale a dire la qualità dell’opera in esame in rapporto con quella che ci si aspetta da un dipinto dell’artista, in questo caso Caravaggio. Quando gli esperti sono giunti alla loro conclusione, e quella conclusione viene discussa in aula (e non sul mercato dell’arte o nei testi critici), un giudice deve decidere se gli esperti hanno torto o ragione.
Come in ogni processo civile (a differenza dei processi penali in cui vengono richieste prove oltre ogni ragionevole dubbio) la prova standard è «più probabilmente sì che no» o, con lo stesso significato, «con tutta probabilità», un criterio decisamente limitato.
Nella decisione della corte britannica a proposito di un dipinto che il noto conoscitore Denis Mahon ha giudicato «di mano di Caravaggio» dopo averlo acquistato, il giudice doveva decidere se, «con tutta probabilità», Sotheby’s fosse stata «negligente» nel non presentare in asta il dipinto come opera autografa di Caravaggio, bensì come copia da Caravaggio posteriore e di altra mano, e se di conseguenza avesse contravvenuto ai termini contrattuali con il ricorrente, il consegnatario.
È vero che decidere in merito a negligenze è un compito abituale per i giudici, ma in effetti il giudice in questo caso si è trovato a prendere una decisione relativa all’autografia che solitamente spetta agli storici dell’arte, agli esperti o al mercato dell’arte. Per la sua decisione, dato che confidare sulla testimonianza degli studiosi non significa solo valutarne meccanicamente le opinioni, il giudice Justice Rose ha osservato con reale attenzione il dipinto e sotto la guida di esperti ha utilizzato il suo occhio, giungendo a conclusioni supportate dai suoi stessi ragionamenti e da quanto aveva osservato. Il risultato è una brillante descrizione del processo di attribuzione sotto il fuoco incrociato delle expertise delle due parti.


La ricostruzione dei fatti e la terminologia
Dal 1987 il Kimbell Art Museum di Fort Wortn, nel Texas, possiede un dipinto di Caravaggio intitolato «I bari» che raffigura tre uomini intorno a un tavolo nell’atto di giocare a carte (nella foto di destra).
Nel 2006 Sotheby’s ha venduto in asta a Londra a Sir Denis Mahon un altro dipinto raffigurante la stessa scena per 42mila sterline. L’anno successivo, Sir Denis ha annunciato, a seguito di approfondite indagini, pulitura e restauro che il dipinto in questione era una «replica autografa» del Caravaggio del Kimbell. Il venditore allora ha citato Sotheby’s in giudizio per negligenza e violazione contrattuale, sostenendo che Sotheby’s non aveva effettuato adeguate ricerche sul dipinto e che per questo motivo non si era resa conto che potesse essere di Caravaggio e vendibile quindi per svariati milioni.
Il giudice ha dato avvio alle ricerche ripercorrendo la storia de «I bari» e delle sue molteplici copie coeve di altre mani. «Senza alcun dubbio la popolarità della composizione portò alla realizzazione di copie di elevata qualità di altre mani immediatamente dopo il completamento dell’opera da parte di Caravaggio e nei secoli successivi. Si conosce l’esistenza di decine di copie. Sotheby’s ha allegato alla sua istanza di difesa una stampata da Artnet che riporta dipinti venduti all’asta in tutto il mondo. Circa 30 versioni di questa composizione, oltre al dipinto in questione, sono state catalogate come offerte all’asta tra il 1988 e il 2012, oltre la metà delle quali da parte di Christie’s o di Sotheby’s. Esse appaiono di qualità variabile e sono state vendute in un’ampia gamma di prezzi.
Durante la prima settimana di questo stesso processo, due copie sono state vendute all’asta a Londra, una da Bohnams per 1.250 sterline e una venduta da Christie’s come «da Caravaggio» per 10mila sterline (contro stime da 2mila a 3mila sterline)
».
Sulla base della propria expertise precedente l’asta del 2006, Sotheby’s aveva attribuito l’opera a un «seguace» di Caravaggio che l’avrebbe dipinta «dopo» l’originale del Kimbell. Scrive il giudice: «Sotheby’s ha predisposto una scheda di catalogo per l’asta. Il catalogo definisce il termine “seguace” intendendo un’opera di un pittore che lavorava nello stile dell’artista, a lui contemporaneo o quasi contemporaneo, ma non necessariamente un suo allievo. Il catalogo dedica due pagine al dipinto in questione con un’illustrazione a colori su una pagina e una descrizione sull’altra. La didascalia recita “Seguace di Michelangelo Merisi da Caravaggio. I bari”. La scheda riporta che si tratterebbe di una copia del XVII secolo dell’originale del Kimbell e descrive la scena. Contiene una nota aggiuntiva in merito alla provenienza “W.G. Thwaytes e discendenti”: “Il medico militare W.G. Thwaytes era un appassionato ed importante collezionista di opere di Caravaggio e vendette “I Musici”, originale di Caravaggio, al Metropolitan Museum of Art di New York”».
Nel definire il dipinto come di un «seguace» Sotheby’s intendeva comunicare la propria opinione secondo cui fosse da ascriversi a un pittore operante nello stile di Caravaggio entro i 50 anni successivi a «I bari» del Kimbell. Per contestualizzare la definizione il giudice ha elencato i diversi livelli di attribuzione a un artista adottati nei cataloghi d’asta di Sotheby’s: «Per ogni vendita all’asta viene prodotto un catalogo che descrive ogni dipinto in vendita. Ogni scheda indica il grado di certezza dell’attribuzione a un determinato artista da parte di Sotheby’s utilizzando queste definizioni:


  • il semplice nome dell’artista, per esempio “Giovanni Bellini”, significa che l’opera è di Bellini.
  • “attribuito a” Giovanni Bellini significa che si tratta di un’opera probabilmente di Bellini, ma sulla cui paternità ci sono meno certezze rispetto alla precedente categoria.– “bottega di” Giovanni Bellini significa che, secondo l’opinione di Sotheby’s, si tratta di un’opera di mano ignota operante all’interno della bottega di Bellini e che potrebbe o meno essere stata eseguita sotto la sua direzione
  • “cerchia di” Giovanni Bellini significa che si tratta di un’opera di mano distinta, ma non ancora identificata, strettamente vicina a Bellini, ma non necessariamente di un suo allievo
  • “stile/seguace di” Giovanni Bellini significa che si tratta dell’opera di un pittore che lavorava nello stile di Bellini, contemporaneo o quasi contemporaneo, ma non necessariamente di un suo allievo. 
  • “contemporaneo o quasi contemporaneo” significa che è stato dipinto entro circa 50 anni dall’opera di Bellini
  • maniera di” Giovanni Bellini significa che si tratta di un’opera nello stile di Bellini e di epoca successiva
  • “da” Giovanni Bellini significa che si tratta di una copia di un’opera nota di Bellini». 



 

Il valore della qualità
L’elemento chiave nella determinazione dell’autografia dei dipinti antichi è la qualità. E la determinazione del livello di qualità di un’opera viene effettuata attraverso l’applicazione della connoisseurship.
Consapevole di ciò Justice Rose procede a descrivere questo processo: «Sotheby’s ammette che gli specialisti che hanno esaminato il dipinto lo abbiano valutato applicando il loro occhio di conoscitori per analizzarne la qualità. Molti testimoni hanno cercato di descrivere che cosa si intenda per “attraverso l’occhio del conoscitore”. Alexander Bell di Sotheby’s lo spiega così: “Il primo elemento che prendiamo in considerazione nel valutare un dipinto è la sua qualità.
Nel caso di un dipinto che si suppone essere una copia di un’opera di un artista conosciuto, cerchiamo di determinare se il dipinto in esame sia della qualità che ci si aspetta da un dipinto di quell’artista.
L’abilità nel determinare la qualità si acquisisce con l’esperienza nella professione, osservando ogni sorta di dipinti, dal livello qualitativo più basso della gamma fino alle opere dei più grandi artisti. In questo modo si sviluppa il cosiddetto ‘occhio’ per la qualità. Non è qualcosa che si possa spiegare facilmente a parole e, se cercassi di farlo, sarei fuorviante perché potrebbe sembrare l’esercizio meccanico dell’esaminare i diversi aspetti di un dipinto, cosa che decisamente non è.
Al contrario, è necessario prendere in considerazione tutti gli aspetti del dipinto nel loro insieme per determinare se, nel suo complesso, esso è stato dipinto con il talento, la finezza e l’energia che ci si potrebbe attendere dall’artista in questione.
Nel caso di un artista come Caravaggio, per esempio, ciò comporterebbe la tenuta in conto dell’anatomia delle figure e se questa sia stata resa in modo convincente o se sembri in qualche modo sgraziata, il modo in cui le figure si relazionano tra di loro nello spazio e quanto convincente sia l’uso da parte dell’artista di luci e ombre nell’intento di creare un’immagine di forte impatto”
».
Justice Rose continua la sua ricostruzione di come sia stata determinata dal conoscitore la qualità del dipinto in questione per controbattere la contestazione del ricorrente sul fatto che la qualità sia uno standard soggettivo: «Mr. Bell di Sotheby’s ha riconosciuto che, sebbene l’abilità tecnica di Caravaggio potesse essere variabile, ciò non riduce l’impatto dei suoi lavori giovanili. Varie opere accettate come autografe di Caravaggio sono state allora portate a esempio da Mr. Bell per illustrare alcuni elementi inappropriati come, in particolare, la carenza in alcuni casi di una prospettiva accurata.
Un esempio è il pettine sul tavolo della “Maddalena” di Detroit, che io considero successivo. Sia Mr. Bell sia il professor Richard Spear riconoscono che la valutazione della qualità sia soggettiva e che gli studiosi di Caravaggio abbiano punti di vista discordanti sulla qualità di alcune opere. Ma non accettano che questo svaluti l’utilità della qualità come mezzo di valutazione della possibilità che un’opera sia di Caravaggio.
La convinzione di Mr. Bell, con cui mi trovo d’accordo, è che ogni carenza tecnica nell’opera di Caravaggio di questo periodo non comprometta affatto la netta sensazione di trovarsi di fronte a un capolavoro di composizione e di manualità. Un buon esempio è la figura con le braccia aperte sul lato destro della “Cena in Emmaus” della National Gallery: le mani sono fuori prospettiva e lo scorcio non è corretto.
Secondo Mr. Bell ciò non incide sull’impatto visivo del dipinto che descrive come “assolutamente sconvolgente” e “straordinario”
. Sostiene infatti che un elemento di un dipinto, come una mano, può essere molto convincente e potente anche se non è anatomicamente corretto o non è perfettamente in prospettiva. La stessa considerazione è stata fatta dal professor Spear quando gli sono state chieste informazioni sulla qualità variabile delle opere accettate di Caravaggio. Spear ha ammesso l’esistenza di errori anatomici nelle opere giovanili ma ha proseguito facendo riferimento all’“arcana abilità di rappresentare le forme naturali illuminate e la luccicante superficie o la natura della frutta, ciò che io ritengo la materialità della materia: lì non fa passi falsi ed è lì che il conoscitore si rende conto della differenza”». 

Caravaggio come gli altri maestri antichi
Malgrado numerose controverse attribuzioni a Caravaggio e una ben nota disputa tra studiosi sul fatto che Caravaggio abbia o meno realizzato repliche delle sue opere, Justice Rose arriva alla conclusione che Caravaggio non sia più difficile da attribuire di molti altri antichi maestri: «La tesi principale del ricorrente è che Sotheby’s non avrebbe dovuto affrontare la valutazione del dipinto in questione da sola perché Caravaggio solleva particolari problemi di attribuzione. La relazione di Mr. Sainty, l’esperto del ricorrente sul modo di procedere delle case d’asta, descrive come ci siano state numerose diatribe in passato sul fatto che una determinata opera fosse o meno di Caravaggio, e ricorda il fatto che eminenti studiosi sono stati in disaccordo tra loro e che gli esperti hanno cambiato opinione nel tempo in merito a un particolare dipinto.
Ms. Kaminsky, l’esperta di Sotheby’s sulle procedure delle case d’asta, ha riconosciuto che esistono numerose attribuzioni controverse a Caravaggio e che uno specialista di casa d’asta dovrebbe saperlo, e difatti Mr. Bell ne era consapevole. Connesso a questo aspetto degli studi su Caravaggio è anche l’acceso dibattito sul fatto che l’artista abbia mai dipinto repliche delle sue stesse opere.
Una minoranza di studiosi ritiene che abbia dipinto più di una versione delle stesse composizioni. Ma ci sono alcuni studiosi convinti che nessuna delle repliche proposte sia davvero autografa. Mr. Bell ha dichiarato di essere consapevole di queste controversie accademiche, ma di non considerare Caravaggio più difficile da attribuire di altri artisti come Velázquez, Rubens, Van Dyck o Tiziano.
Anche il professor Spear ha affermato che Caravaggio non è particolarmente difficile. Egli ha fatto riferimento a un altro pittore barocco, Guido
Reni, che è difficile perché gestiva un atelier in cui gli allievi dipingevano copie delle sue opere, alcune delle quali furono ritoccate dal maestro. Caravaggio non aveva un atelier e quindi non ci sono problemi con questi diversi gradi di autografia». 

La giudice Rose prosegue nel ricostruire il procedimento della connoisseurship affrontando il problema della tecnica pittorica tipica di Caravaggio: «La difficoltà nell’identificare una particolare tecnica come caratteristica di Caravaggio, almeno nel caso di una copia coeva, risiede nel fatto che è noto che esistono troppo pochi studi sull’esecuzione materiale dei dipinti di Caravaggio e delle relative copie perché si possa affermare che l’artista dipingesse in un modo particolare non utilizzato da nessuno dei suoi contemporanei». 

Gestione del catalogo da parte della casa d’aste
Una casa d’aste dovrà redigere con la massima attenzione le sue schede di catalogo dal momento che fornisce al compratore una garanzia contrattuale della sua opinione: «Sotheby’s tende a fidarsi delle opinioni espresse dai propri specialisti piuttosto che delegarle a esperti esterni. Se Sotheby’s è convinta che un dipinto sia autografo, allora catalogherà il dipinto di conseguenza, pur facendo riferimento alle opinioni contrarie espresse da terzi. Analogamente, se è convinta che un dipinto non sia autografo, non lo catalogherà in modo più ottimistico, a meno che le opinioni positive che riceve non le facciano cambiare idea.
Mr. Bell è stato anche chiaro sul fatto che Sotheby’s prende tutto il tempo necessario per dotarsi di un supporto accademico adeguato a un dipinto che ritenga autografo. Ha fatto riferimento a un dipinto di Vermeer della cui autografia erano convinti, ma che richiese 11 anni per ottenere conferme sufficienti a modificare la nota di catalogo da “attribuito a Vermeer” a “di Vermeer”
». 

Il giudice rifiuta le accuse di negligenza contro Sotheby’s
Justice Rose approva l’approccio di Sotheby’s per verificare l’autenticità del dipinto, vale a dire la valutazione della qualità tramite l’occhio del conoscitore. Si è posta la domanda: è irragionevole il giudizio di Sotheby’s sulla scarsa qualità del dipinto? In questo caso sarebbe negligenza. «La linea di difesa di Sotheby’s in questa azione legale è, ed è sempre stata, che la qualità del dipinto è evidentemente inferiore a qualsiasi cosa Caravaggio abbia mai prodotto. Secondo Sotheby’s nessun’altra casa d’aste importante avrebbe concluso che sulla base della qualità il dipinto in oggetto potesse essere di Caravaggio».
Il giudice arriva a questa conclusione: «Pur tenendo conto dell’avvertimento di un’altra corte inglese circa il sostituire il mio proprio giudizio di qualità a quello degli esperti, tuttavia mi sembra che in questo caso non se ne possa fare a meno». 

Justice Rose giudica la qualità del dipinto non all’altezza di Caravaggio
In seguito a un’accurata osservazione diretta dell’opera guidata da esperti studiosi, il giudice si sofferma su alcuni particolari: «Se si cerca nella piuma sul cappello una convincente rappresentazione della sofficità e della leggerezza di una piuma di struzzo quale è la piuma ne “I bari” del Kimbell, allora a me risulta chiaro che non la si trova. La piuma nel dipinto che stiamo esaminando ha una lucentezza inappropriata perché suggerisce una cerosità che le piume di struzzo non hanno. L’artista non è stato inoltre in grado di catturare le barbe della piuma sopra il berretto. Concordo con il professor Spear che sostiene che la raffigurazione della piuma nel quadro del Kimbell sia di gran lunga superiore.
Il professore ha inoltre evidenziato come l’artista non si sia dato la stessa pena nel trasmettere la natura della stoffa quanto ha fatto Caravaggio. Concordo col giudizio di Mr. Bell e del professor Spear sul realismo delle pieghe della mussola che fuoriescono dalle fessure della manica del farsetto del giovane baro. Rendono molto meglio la sofficità dell’abito nel dipinto del Kimbell che in quello in questione.
L’elemento più significativo per giudicare il trattamento di luci e ombre sono i polsini delle maniche del giovane vittima dell’inganno: molto ben realizzati nei «Bari», hanno qui un aspetto rigido. Ci sono molti altri elementi di questo dipinto che Bell e Spear criticano: l’orecchio destro del giovane, la piega del drappo sul tavolo, il bordo interno del piatto di peltro e le strisce dorate dei calzoni del baro. Stabilendo un rapporto tra questi punti deboli e gli elementi al contrario particolarmente elogiati dal ricorrente sono giunta alla ferma convinzione che Sotheby’s avesse tutti gli elementi per farsi l’idea che la qualità del dipinto non fosse tale da meritare ulteriori indagini.
Secondo il mio giudizio, l’esame visivo non rivela nulla che possa far controbattere l’opinione di Sotheby’s che il dipinto sia di qualità inferiore rispetto ai “Bari” del Kimbell e a quanto ci si aspetterebbe dal maestro. Somo dunque anche io dell’idea che non possa essere un potenziale Caravaggio
».  

Il giudice rigetta la rilevanza dei pentimenti come prove scientifiche di «non copia»
«I pentimenti suggeriscono che il pittore rifinì o alterò la composizione durante la sua lavorazione e per questa ragione sono spesso citati come prova della sua originalità. Se l’artista avesse semplicemente copiato un’immagine, non ci si aspetterebbe un pentimento significativo, per esempio con una delle figure rivolta in un’altra direzione o un braccio piegato invece che disteso».
Ma Justice Rose scarta come non significativi i pentimenti messi in risalto dagli esperti del ricorrente: «È assolutamente credibile che un copista abbia dipinto il nastro troppo corto e che si sia reso conto successivamente che nell’immagine originale era più lungo e abbia quindi allungato il nastro della copia per renderlo più simile a quello dell’originale. Non ritengo che questo pentimento avrebbe dovuto mettere Sotheby’s in allarme sull’esistenza di una qualche mente creativa al lavoro alla composizione del dipinto». 

Controdeduzioni del giudice nel caso in cui la sua decisione fosse sbagliata
Sulla base di questa analisi il giudice ha deciso che Sotheby’s non è stata negligente per non aver consultato esperti esterni in merito all’autografia del dipinto. Ma prosegue descrivendo che cosa sarebbe successo se la sua conclusione di non negligenza si fosse rivelata inesatta, e cioè quali esperti Sotheby’s avrebbe dovuto consultare, come il catalogo dell’asta avrebbe dovuto descrivere le opinioni contrastanti in merito al dipinto e quanto il dipinto avrebbe potuto realizzare all’asta se tali opinioni fossero state riportate nella scheda del catalogo.
«Sotheby’s si sarebbe rivolta a Sir Denis Mahon e alla professoressa Mina Gregori e avrebbe dunque scoperto prima della vendita che i due ritenevano il dipinto una replica autografa? È cosa risaputa che la decisione su quali esperti consultare sarebbe stata presa da Mr. Bell. È altresì opinione comune che non esista un’unica autorevole voce per le attribuzioni a Caravaggio, come invece esiste per altri artisti.
È stato fatto notare a Mr. Bell che per prima cosa avrebbe dovuto chiedere il parere di Sir Denis e della professoressa Gregori per la loro reputazione di avere una visione “espansionistica” dell’opera di Caravaggio. È stato inoltre fatto notare che, una volta che un eminente studioso, peraltro espansionista, avesse supportato l’attribuzione, sarebbe stato più facile ottenere il parere favorevole di altri studiosi.
Mr. Bell come tutti i testimoni ha espresso la più alta considerazione e rispetto per la devozione di una vita intera di Sir Denis all’arte, ma è stato molto fermo nel dire che non l’avrebbe fatto perché nel 2006 Sir Denis aveva già 96 anni e, secondo lui e secondo molti nel mondo dell’arte, il suo occhio non era più affidabile, almeno per un’attribuzione a Caravaggio.
In ogni caso se Sotheby’s l’avesse consultato come ha fatto in occasione di dipinti che considerava potenziali Caravaggio, Sir Denis Mahon avrebbe fornito la stessa opinione positiva sul dipinto espressa quando lo acquistò. Io tuttavia penso che Sotheby’s a quel punto avrebbe voluto avere almeno un’altra attribuzione positiva e avrebbe chiesto a un altro esperto di Caravaggio, Keith Christiansen, che avrebbe fornito un’opinione nettamente contraria definendo il dipinto una copia e non di eccellente qualità
».
Il giudice arriva alla conclusione che, se Sotheby’s avesse consultato esperti esterni, ci sarebbero state più opinioni negative che positive in merito all’autenticità del dipinto perché gli studiosi chiamati a esprimersi nel processo hanno definito l’opera più frequentemente una copia che un Caravaggio autografo.
«Dunque Sotheby’s non avrebbe catalogato il dipinto come “di Caravaggio” e neppure come “attribuito a Caravaggio”. Avrebbero comunque proposto a Mr. Thwaytes di mettere all’asta il dipinto come di “Seguace di Caravaggio” riportando nella scheda di catalogo l’attribuzione al maestro di Sir Denis».
Infine il giudice ha ricordato la testimonianza sul funzionamento delle case d’asta di Ms. Kaminsky che aveva affermato che a volte anche un’attribuzione da parte di uno studioso del massimo livello può essere rifiutata dal mercato. Quanto al presumibile danno economico, se il catalogo d’asta di Sotheby’s avesse incluso tanto le opinioni positive quanto quelle negative, a suo parere il prezzo ottenuto in asta dal dipinto sarebbe stato superiore, «ma non poi così tanto». 

Ronald D. Spencer è presidente dell’Art Law Practice presso lo studio legale di New York Carter Ledyard & Milburn LLP. È un esperto di aspetti legali nei problemi di autenticazione ed è autore di The Expert Versus the Object: Judging Fakes and False Attributions in the Visual Arts (Oxford University Press, 2004).

Redazione GDA, 26 ottobre 2015 | © Riproduzione riservata

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