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Sarcofago di Djedmut

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Sarcofago di Djedmut

IL MUSEO INFINITO | Museo Gregoriano Egizio

Storia, opere e luoghi dei Musei Vaticani, a cura di Arianna Antoniutti. L’attività scientifica del reparto

Arianna Antoniutti, Alessia Amenta

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Alessia Amenta, curatore del Reparto Antichità Egizie e del Vicino Oriente dei Musei del papa, ci guida in un percorso attraverso le Sale del Museo Gregoriano Egizio e le sue opere maggiormente significative. Qui le abbiamo chiesto di approfondire l'aspetto dello studio e valorizzazione dei reperti, del loro monitoraggio, della conservazione e del restauro.

Il restauro di un oggetto è inequivocabilmente un momento importante di riflessione, che avvia una serie di canali di approfondimento, talvolta anche del tutto inattesi. Le sofisticate tecnologie applicate inoltre permettono di investigarne la materialità, che rappresenta in archeologia, in particolare, una dimensione fondamentale di conoscenza.

I nostri restauri si avvalgono della preziosa collaborazione dei professionisti straordinari dei nostri laboratori di restauro interni e del Laboratorio di Diagnostica per la Conservazione e il Restauro, una vera e propria osmosi tra lo storico dell’arte-archeologo, il restauratore e il fisico/biologo/chimico.

La fortuna di «avere in casa» queste competenze ci permette di studiare insieme la migliore metodologia, sperimentare materiali nuovi e approfondire la storia conservativa degli oggetti grazie ad analisi scientifiche mirate. Il monitoraggio dell’Ufficio del Conservatore degli ambienti e delle vetrine è un anello della catena importante per la migliore conservazione dei reperti giorno dopo giorno. I progetti scientifici che stiamo portando avanti non a caso sono nati tutti a seguito di un restauro condiviso tra tutte queste professionalità.

Il «Vatican Coffin Project» è un progetto multidisciplinare e internazionale, diretto in collaborazione con il Laboratorio di Diagnostica per la Conservazione e il Restauro dei Musei Vaticani, che vede oggi la partecipazione del Musée du Louvre di Parigi, il Rijksmuseum van Oudheden di Leida, il Museo Egizio a Torino, il C2RMF di Parigi, il Centro di Conservazione e Restauro «La Venaria Reale » di Torino e Xylodata di Parigi.

Nato nel 2008, ha come finalità lo studio dei sarcofagi lignei policromi del cosiddetto Terzo Periodo Intermedio (XXI-XXV dinastia, 1070-712 a.C.), sia per quanto riguarda lo studio della tecnica esecutiva, sia dell’analisi testuale e iconografica. Il gruppo di lavoro è articolato in tre gruppi: Egittologia, Conservazione, Diagnostica. Uno dei risultati più sorprendenti è stato quello di ritrovare che «Giotto dipinge alla maniera egizia», cioè riscoprire una tradizione pittorica ininterrotta dall’epoca faraonica a quella medioevale.

Lo studio e il restauro dell’intera collezione di mummie umane e animali è l'obiettivo del «Vatican Mummy Project», un progetto multidisciplinare nato a seguito del restauro della mummia di Ni-Maat-Ra nel 2006. Coordinato in collaborazione con il Laboratorio di Diagnostica dei Musei Vaticani, vede la partecipazione dell’Istituto di Mummiologia e l’Iceman (Eurac) di Bolzano, dell’Istituto di Radiologia dell’Università di Messina, del Laboratorio di Entomologia dell’Università di Pisa, del paleoantropologo Dario Piombino Mascali (Università di Vilnius) e di Cinzia Oliva, restauratrice specializzata in bende di mummie. Tra i risultati più interessanti quello dello studio e restauro di due piccole mummie, che si sono rivelate raffinate falsificazioni di mummie di bambino, di verosimile produzione anglosassone, per il mercato antiquario del XIX secolo.

Il «Progetto Sekhmet» nasce nel 2016 a seguito del restauro delle undici statue della leonessa Sekhmet in granodiorite conservate nel Museo Gregoriano Egizio. Furono acquisite prima della fondazione del museo, nel 1819, quando il Cardinale Camerlengo decise di acquistare tutti gli oggetti egizi offerti per 8.000 scudi al papa da Silvestro Guidi, un noto viaggiatore-esploratore-archeologo che tornava dal suo primo viaggio in Egitto. Il progetto si avvale della collaborazione del Museo Egizio a Torino, «The Colossi of Memnon and Amenhotep III Temple Conservation Project», diretto da Hourig Sourouzian, e l’Università di Palermo. La finalità è lo studio della straordinaria produzione statuaria di centinaia di statue di Sekhmet durante il regno del faraone Amenhotep III, il cosiddetto «re Sole» dell’antico Egitto, vissuto all’epoca gloriosa della XVIII dinastia (1391-1353 a.C).

Le statue erano destinate al suo gigantesco tempio funerario a Kom el-Hettan (Luxor, riva ovest), laddove oggi sorgono i cosiddetti Colossi di Memnone, con lo scopo di proteggere il sovrano e rinnovare il suo potere sulla terra in occasione della sua festa del Giubileo. Gli obiettivi del progetto prevedono la ricostruzione del loro assetto originario all’interno del tempio, di indagare la tecnica costruttiva e l’organizzazione di questo gigantesco cantiere sia in cava sia nel tempio, di individuare le tipologie delle statue, che appaiono evidentemente con caratteristiche morfologiche e iconografiche molto diverse tra loro, di identificare le diverse cave sfruttate, di raccogliere in un database tutte le Sekhmet dal sito e da tutte le collezioni del mondo con tutte le informazioni relative. Un traguardo importante è la collaborazione al progetto di un ingegnere informatico e un matematico, che lavorano alla costruzione di un software (chiamato «Seek-hmet») per la gestione dei dati e lo studio dimensionale e proporzionale delle centinaia di statue, che vengono letteralmente «tradotte in numeri».

Nella costellazione dei Musei Vaticani, il Museo Gregoriano Egizio rappresenta sicuramente un polo di attrazione. La fascinazione nasce molti secoli fa, come ci ha già illustrato, ma cosa secondo lei affascina ancora oggi in modo particolare?
Così scriveva Erodoto nel Libro II delle sue Storie: «Passo invece a parlare diffusamente dell’Egitto perché, rispetto a ogni altro paese, è quello che racchiude in sé più meraviglie e che presenta più opere di una grandiosità indescrivibile: ecco perché se ne discorrerà più a lungo. Gli Egiziani oltre a vivere in un clima diverso dal nostro e ad avere un fiume di natura differente da tutti gli altri fiumi, possiedono anche usanze e leggi quasi sempre opposte a quelle degli altri popoli» (II, 35-37). La grandiosità dei monumenti, la sapienza leggendaria dei suoi sacerdoti, la rinomata scienza medica, l’efficacia della sua magia, la potenza delle sue divinità, la cura del defunto, il pantheon animale, la durata millenaria della sua storia, il carattere esoterico della sua scrittura, il mistero dei geroglifici non più letti e compresi, la regalità divina, il livello tecnologico raggiunto, la straordinaria raffinatezza dell’artigianato, i tesori delle sue tombe, e potrei continuare ancora…

IL MUSEO INFINITO
Un viaggio dentro i Musei Vaticani accompagnati da guide d’eccezione: i curatori responsabili delle sue collezioni
A cura di Arianna Antoniutti
 

Sarcofago di Djedmut

Ritrovamento in situ di tre statue di Sekhmet

Movimentazione di una statua di Sekhmet durante il restauro

Statua della dea leonessa Sekhmet

Studio proporzionale di una statua di Sekhmet stante

Cassa del sarcofago di Djedmut

Cassa del sarcofago di Djedmut, particolare

Coperchio del sarcofago di Djedmut, particolare

Una mummia dopo il restauro

Una mummia dopo il restauro (particolare)

Particolare delle operazioni di restauro della cavità toracica di una mummia

Arianna Antoniutti, Alessia Amenta, 21 giugno 2021 | © Riproduzione riservata

IL MUSEO INFINITO | Museo Gregoriano Egizio | Arianna Antoniutti, Alessia Amenta

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