Luana De Micco
Leggi i suoi articoliBruxelles. Il nuovo AfricaMuseum, ex Musée royal d’Afrique centrale, chiuso cinque anni fa per restauri, ha aperto le porte l’8 dicembre. Non si è trattato solo di ristrutturare l’edificio (per un costo di circa 70 milioni di euro), un imponente palazzo costruito per l’Esposizione universale di Bruxelles del 1897 nel parco di Tervuren, poi diventato Musée du Congo nel 1910, ma anche di rinnovare interamente l’approccio storico della mostra permanente, mai rivista dagli anni ’50, alla luce della decolonizzazione.
«Decolonizzare un museo non significa soltanto raccontare la storia in modo diverso, ma stringere nuove partnership e apportare un nuovo sguardo sulle collezioni, ha detto il suo direttore, Guido Gryseel, alla stampa belga. Oggi consideriamo il sistema coloniale immorale, prendiamo le distanze e assumiamo le nostre responsabilità». Per rinnovare il museo è stato coinvolto il Comraf, il comitato della diaspora africana in Belgio, e sono stati consultati esperti dei musei africani. Sono allestite ormai nel percorso permanente opere di artisti contemporanei, come Aimé Mpane, Freddy Tsimba e Chéri Samba. Gli spazi espositivi sono passati da 6mila a 11mila metri quadrati.
Ma nonostante la nuova museografia e le generali buone intenzioni, il nuovo museo, che possiede la più ricca collezione di opere dell’Africa centrale, con oltre 180mila oggetti etnografici e un ampio campione di minerali e animali impagliati, non è sfuggito alle polemiche in pieno dibattito sulla restituzione delle opere africane trafugate.
L’associazione antirazzista Bamko-Cran ha chiesto la creazione di una commissione indipendente per stabilire l’origine delle opere del museo: «Non metterò piede in quel grande cimitero dei nostri antenati morti di freddo negli zoo umani», ha osservato Mireille-Tseuhi Robert, presidente dell’associazione. Per lo storico congolese Elikia M’Bokolo, il museo «ha saputo mostrarsi più cosciente e più critico. Ma, ha detto, è difficile decolonizzare un museo che porta tracce così profonde della colonizzazione e con la persistenza di relazioni difficili tra Belgio e Congo».
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