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Redazione GdA
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A Gualtieri, nella patria di Antonio Ligabue, si analizza la produzione di Bruno Rovesti (1907-87), artista naïf un po’ disconosciuto cui è dedicata la rassegna «Pittore contadino celebre europeo», curata da Sandro Parmiggiani, direttore del Museo Ligabue ubicato nelle sale del Palazzo Bentivoglio. Qui, fino al 13 novembre, sessanta dipinti ripercorrono l’iter creativo di Rovesti instaurando un confronto con le 63 opere della collezione del museo, aperto due anni fa con la costituzione di una fondazione.
«Nella pittura di oggi, spiegava lo stesso artista, è naïf chi è naif, ma di naïf non ce n’è neanche uno, sono promesse di naïf […]. Io quella gente lì non posso vederla, ma ce n’è una rete che è da spazzar via perché non hanno il sentimento spirituale che spinge a fare il quadro, allora fanno la “sfalsazione”». La mostra analizza l’aspetto più autentico del percorso del pittore, davanti alla cui opera si comprende la semplicità di un uomo che cerca di raccontare e capire ciò che gli sta intorno, oltre a quanto visto nei viaggi di fantasia. Tale artista fu scoperto e sostenuto, come lo stesso Ligabue, da Marino Renato Mazzacurati.
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