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Arabella Cifani
Leggi i suoi articoliAntonio Forcellino, architetto, studioso di arte rinascimentale e grande restauratore a cui sono state affidate opere come il Mosè di Michelangelo, a furia di vivere in compagnia di capolavori di Leonardo, Raffaello e company, di toccarli, analizzarli e studiarli ha trovato una stargate, l’ha aperta ed è precipitato direttamente nel Rinascimento. Si è immedesimato talmente nell’epoca che ha dovuto scriverci una trilogia, di grande successo, che ha il significativo sopra-titolo Il secolo dei giganti.
Scrive bene Forcellino. Questo romanzo storico che, come gli altri due, è anche un romanzo d’arte, si fa leggere, innamorato com’è dei suoi personaggi, tutti molto decisi a prendere in mano e governare il proprio destino. Fatto poi provato e sperimentato, chi incomincia a leggere i suoi libri di solito non riesce a fermarsi, deve assolutamente finirli: creano dipendenza.
Il volume appena uscito, suggestivamente intitolato Il fermaglio di perla, suggella la trilogia con le vicende di Raffaello, che viene seguito nella sua attività romana, soprattutto quella per la Farnesina di Agostino Chigi e per il Vaticano, fino alla precoce morte nell’aprile 1520. Con la morte di Raffaello si spegne in Roma quanto di meglio aveva la società del tempo: lo spirito festoso e pagano del primo Rinascimento, la poesia dell’arte, la fiducia in un futuro migliore.
I tempi dopo precipitano e la strada si fa in salita sul piano storico, religioso, sociale. L’autore abilmente intreccia le vicende romane con quelle delle altre grandi capitali italiane del tempo, Mantova, Milano, Venezia; con incursioni a Istanbul per narrare le brame sull’Europa di Solimano il Magnifico e i suoi amori ardenti con la bella e insidiosa Roxane; non mancano neppure riferimenti pertinenti alle altre grandi corti europee.
Il Cinquecento, si sa, è secolo estremamente complesso sul piano storico; narrarne le vicende e tenerne le fila in un volume, che ha l’ambizione di ripercorrere i fatti europei del periodo, non è certo impresa facile. Forcellino guida con mano ferma il lettore nelle trame e negli intrighi del Vaticano e delle grandi famiglie italiane, fra tradimenti, avvelenamenti, omicidi, erotismo. Analizza finemente la pochezza politica di Clemente VII, che farà precipitare Roma nella tragedia del sacco del 1527.
Nella seconda parte del volume emergono le figure del Michelangelo romano e della principessa Vittoria Colonna, tratteggiata con particolare e rara abilità nel suo amore per l’arte, nei suoi slanci mistici, nel suo desiderio di riforma della chiesa che le faranno sfiorare l’eresia insieme con il grande amico scultore.
La storia diviene sempre più cupa, si mescola alla tormentosa vicenda della tomba di Giulio II, alla progettazione e alla realizzazione del «Giudizio Universale» della Cappella Sistina; fanno capolino personaggi come Tiziano, giunto a Roma a servizio dei Farnese nel 1545. In questa scacchiera complicata gli artisti appaiono pedine che i signori muovono per le proprie ambizioni; gli artisti, d’altra parte, sembrano per la maggior parte lieti di farsi giocare; solo il ringhioso Michelangelo e pochi altri possono sottrarsi a queste regole. Quadri e opere d’arte prestigiose emergono come veri status symbol, segni di potere.
In uno degli ultimi capitoli, ecco l’apertura nel 1543 del Concilio di Trento. Tutto cambierà anche sul piano artistico. Forcellino non ha simpatie né per il Concilio, né per l’Inquisizione del tempo e lo fa capire disegnando un Michelangelo dalla complessa psicologia, molto moderno, incline all’eresia; ormai vecchio, ma sempre inquieto e solitario, intento furiosamente a scolpire e poi a prendere a martellate la «Pietà Rondanini» poco prima della morte nel 1564. Il fermaglio, titolo davvero emblematico, si chiude come una morsa su un secolo partito con rosee speranze poi disilluse. Forcellino uscirà dalla stargate in cui è precipitato?
Il secolo dei giganti. Il fermaglio di perla, vol. III, di Antonio Forcellino, 536 pp., Harper Collins, Milano 2020, € 12,90
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