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Il vulcano Bianconi alla Venini

Carla Cerutti

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Un nuovo importante capitolo si è aggiunto alla storia della Venini con la pubblicazione del catalogo ragionato che accompagna la mostra Fulvio Bianconi alla Venini, aperta a Le Stanze del Vetro a Venezia fino al prossimo 10 gennaio, quarta, dopo Carlo Scarpa, Napoleone Martinuzzi e Tomaso Buzzi (cfr. n. 348, dic. ’14, p. 26) del ciclo espositivo organizzato, su progetto della Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung, per lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria del XX e XXI secolo. 

Edito da Skira e curato da Marino Barovier (come del resto la mostra) con Carla Sonego, il volume rende merito all’intensa e poliedrica attività di Bianconi per Venini soprattutto nel decennio dal 1947 al 1957, più sporadica alla fine degli anni Sessanta, Ottanta e primi Novanta.

Il saggio puntuale di Marino Barovier, in apertura, percorre tutte le tappe della vulcanica collaborazione di Bianconi con Paolo Venini, una magnifica «sinergia» che diede frutti fondamentali per il rinnovamento della produzione contemporanea muranese: dagli audaci e rarissimi flaconi da profumo per la Gi.vi.emme (1946-47), che subito rivelano il suo approccio ironico da illustratore, ai celebri «Fazzoletti» (1949-50), seguiti da altre icone del vetro veneziano, come i «Pezzati» (1950-54), gli «Scozzesi» (1951-57), i «Buchi» (1951-52), gli «Spicchi» (1953-57), per non parlare delle «Maschere italiane» (1948) e delle molte figurine (Musicanti, Mori, Costumi, Mesi, Nudi e Sirene, Animali Fantastici, Tiepoli, Africani, Grotteschi) con le quali Bianconi ha saputo argutamente rinnovare un filone muranese di antica tradizione. 

Carla Sonego prende in esame, invece, due mostre significative per comprendere l’artista e il suo percorso: quella tenutasi a Venezia nel 1949, alla Galleria del Cavallino, e l’immediatamente successiva a Milano, alla Galleria del Naviglio. 

Marina Zannoni si dedica all’analisi delle probabili fonti d’ispirazione delle «Maschere italiane» e all’interpretazione bianconiana dei singoli personaggi, mentre Howard J. Lockwood si occupa della fortuna del Made in Italy in America negli anni ’50, e segnatamente del vetro veneziano, attraverso due mostre significative: «Italy at Work» e «Italy-in-Macy’s». Rosa Barovier Mentasti volge la sua attenzione alle collaborazioni di Bianconi con altre fornaci, che chiama «le occasioni perdute» perché non connotate dallo stesso efficace coordinamento attuato da Paolo Venini, l’unico in grado di convogliare correttamente l’esuberante creatività del designer. Infine Cristina Beltrami si occupa della frenetica attività d’illustratore e disegnatore vorace, punto di partenza di Bianconi e suo fondamentale veicolo di lettura della realtà e della gente. Segue il corposo regesto delle opere con oltre seicento modelli, suddivisi per tipologie seguendo un ordine cronologico, schedati, fotografati, documentati con inediti materiali d’archivio e d’epoca provenienti, per la maggior parte, dall’Archivio Storico Venini.

Fulvio Bianconi alla Venini, a cura di Marino Barovier con Carla Sonego
512 pp., 1.389 ill. colore e b/n
Skira, Milano 2015
€ 70,00

Carla Cerutti, 31 ottobre 2015 | © Riproduzione riservata

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Il vulcano Bianconi alla Venini | Carla Cerutti

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