Arabella Cifani
Leggi i suoi articoliCome tutte le mostre italiane ed europee della prima metà di quest’anno, anche la bella e originale mostra «Il regno segreto. Sardegna-Piemonte: una visione postcoloniale», che si doveva aprire al Museo Man (Museo d'Arte Provincia di Nuoro) il 13 marzo, è stata travolta dagli eventi della pandemia e si è invece aperta il 29 maggio per prolungarsi, fortunatamente, fino al prossimo 15 novembre. Curata da Luca Scarlini, offre spunti di grande interesse artistico su un territorio italiano che, per antonomasia, è associato alle vacanze e al mare, ma che in realtà è anche importante e ancor poco conosciuto scrigno di arte e storia.
Fra le singolari opere che sono esposte a Nuoro e che rendono la mostra degna di una visita approfondita, spicca un prestito del Museo Civico di Torino con tre quadri di grandi dimensioni del pittore torinese Giovanni Michele Graneri (Torino, 1708-1762), che raffigurano tre momenti di feste e di vita sarda settecentesca.
I tre quadri furono eseguiti su committenza di un illustre personaggio piemontese: il conte Giovanni Battista Bogino (1701-84), giurista e riformatore, ministro per gli affari di Sardegna dal 1759, ma che ebbe da sempre particolarmente a cuore le sorti dell’isola che aveva dato il nome al nuovo regno dei Savoia nato dalla pace di Utrecht (1713).
Ricco e raffinato, Bogino fu importante collezionista d’arte e collezionò in particolare molte di quelle incantevoli «bambocciate» piemontesi dipinte da Pietro Domenico Ollivero e Giovanni Michele Graneri. Sappiamo dai documenti che nella sua villa collinare torinese si trovavano paesaggi, nature morte e scene di genere. Ventisei dipinti già delle sue collezioni sono ora al Museo Civico di Torino e un’altra ventina, inediti, in collezione privata.
Ministro per gli affari di Sardegna dal 1759 al 1773, Bogino fu dunque il committente di questa singolare sequenza di dipinti di soggetti sardi, segnalata fin dal 1790 proprio nella sua villa di Moncalieri (Torino). Le tele rappresentano: la «Caccia al cervo in Sardegna» (opera siglata e datata 1747), la «Festa nautica nel porto di Cagliari», la «Festa a un santuario sardo» e una più piccola «Pesca del tonno» (non esposta). La data della «Caccia al cervo» determina quella degli altri dipinti.
Questi soggetti sardi, pittoreschi ed animati, certamente considerati a Torino come qualcosa di esotico e curioso, incontrarono fortuna in Piemonte e furono replicati dal Graneri anche per altri collezionisti. L’artista fu tra i più significativi rappresentanti della pittura di genere e di bambocciata, che fiorì in Piemonte durante il Settecento. Mancano finora documenti sulla sua formazione, che avvenne nel solco del grande pittore bambocciante Pietro Domenico Ollivero (Torino, 1679-1755).
Fin dalle opere giovanili, Graneri appare però ben distinguibile dall’Ollivero; presenta uno stile personale spiccato, meno raffinato e meno incline alla meditazione, ricco di un realismo di impronta popolaresca, con gusto per l'aneddoto, l'episodio minuto, gli accenti picareschi. Le prime opere certe sono del 1738; in esse appare già formato, in possesso di un repertorio vasto e preciso, fatto di angoli e crocicchi, di interni di case contadine, borghesi e nobiliari e di personaggi caratteristici della Torino del tempo. La sua pittura vivace, ironica, icastica, incontrò il gusto di personalità della corte, di privati borghesi e nobili, per i quali dipinse un gran numero di quadri, oggi in parte dispersi sul mercato e nelle raccolte private.
Le «Feste sarde» costituiscono certamente uno dei cicli più rilevanti del Graneri e vanno annoverate fra i suoi capolavori. Nella «Caccia al cervo» l’uomo in primo piano in basso a destra, in abiti signorili circondato da gentiluomini, cacciatori e soldati è identificabile con il conte Bogino, grande appassionato di caccia e di cui esiste in collezione privata un ritratto ben confrontabile.
Le rappresentazioni di paesaggi e costumi sono in questi quadri di singolare precisione; vi compaiono molti ritratti e luoghi ancora in parte da identificare, ad eccezione della veduta di Cagliari, molto realistica; al Graneri furono certamente forniti bozzetti e immagini dei costumi e dei luoghi; non è tuttavia da escludere che l’artista si sia recato di persona in Sardegna: ipotesi da verificare e sulla quale attualmente non esiste documentazione archivistica. I quadri sono istantanee di valore unico sia sul piano storico che documentario sulla vita quotidiana della Sardegna settecentesca, con rappresentazioni e descrizioni che possono trovare ancora riscontri seguenti, fino ai romanzi di Grazia Deledda.
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