Silvano Manganaro
Leggi i suoi articoliPer la sua seconda personale presso la galleria Gilda Lavia, Gabriella Ciancimino (Palermo, 1979) altera e trasforma gli spazi di via dei Reti conducendo lo spettatore all’interno di una sorta di grande scatola delle meraviglie. Con «Il fuoco non ha ombra», questo il suggestivo titolo scelto per la mostra aperta fino al 24 febbraio, l’artista palermitana ha infatti deciso di rivestire la galleria di strati di cartone, un’idea che le permette di unificare opere recenti e lavori più vecchi come il video «La città delle Campanule» che, in qualche modo, diventa la colonna sonora dell’intera visita.
Quello che si crea è un ambiente simile a una simbolica cava di estrazione in cui ogni elemento naturale, visitatore compreso, è parte di un processo di accorpamento di vari piani, sia fisici che metafisici. Se l’idea di utilizzare il cartone per tappezzare pareti e pavimenti era già stata sfruttata dalla Ciancimino nella mostra «In Liberty We Trust», realizzata a Palazzo Ziino di Palermo in occasione di Manifesta 2018, in questo caso l’artista va a confermare la volontà di creare opere e ambienti immersivi, seppur composti da singoli pezzi ben riconoscibili. Sono infatti presenti in mostra i suoi quadri dalle cornici sagomate così come i disegni di fiori e piante spontanee che, in qualche modo, sono diventati i soggetti tipici della Ciancimino.
Forse il miglior modo per capire il lavoro dell’artista siciliana è quello di rifarsi a ciò che scrive nel libro autobiografico Radio Fonte Centrale. Il sottotitolo della mia vita, uscito lo scorso luglio e presentato in occasione dell’inaugurazione: «Sono cresciuta su una collina da cui, in lontananza, si scorge il Golfo di Mondello, in Sicilia. La casa è la stessa in cui abito tuttora ed è circondata da un rigoglioso giardino a terrazze che è da sempre meta preferita delle mie esplorazioni fisiche e mentali, in cui sperimentare le mie doti da alchimista. Crescendo tra luci e ombre, sono diventata un’artista visiva affetta da nomadismo cronico, per cui ho iniziato a esplorare i diversi paesaggi del globo».
Paesaggi e viaggi che diventano mappe o strani erbari che mettono in relazione botanica e indagine filosofica (la mostra è pensata come una sorta di percorso a tappe), grazie a una pratica quotidiana del disegno quale luogo di analisi, sperimentazione e restituzione che gli permette di riflettere e farci riflettere sul valore simbolico attribuito alle piante endemiche, che migrano e che resistono adattandosi a vivere in situazioni climatiche differenti e secondo gli assetti più disparati.
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