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Redazione GDA
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Paola Bartolucci
Su una piccola collinetta nelle Marche svetta un Mappamondo, il più grande del mondo (10 metri di diametro; diviso in 3 piani; un meccanismo girevole, tutto in legno e chiodi e rivestito in vetroresina) costruito da un solo uomo, mio padre, Orfeo Bartolucci, che ci ha lasciato nel 2011. Il suo interno può ospitare 600 visitatori e contiene degli ambienti originali e particolari come la Stanza dei proverbi. Nel parco intorno vi sono altre meraviglie, come le Grotte degli oggetti antichi, l’Albero dei bottoni, la Stanza delle fisarmoniche, la Stanza dei tesori, la Sala della musica, le Grotte dei segreti, dove sono custoditi gli oggetti più diversi e originali, come chiavi, campanelli di biciclette, selle e persino un esemplare di prima lavatrice e il Ponte tibetano del coraggio.
Mio padre inaugurò questo straordinario complesso nel 1988 con la speranza che il visitarlo promuovesse nei giovani la volontà di mantenere e costruire la pace tra i popoli e facesse comprendere loro l’importanza di avere un sogno e di realizzarlo con volontà e coraggio, anche a costo di dedicarci anni e anni di lavoro.
Scrivo questa lettera dalla sedia a rotelle sui cui mi trovo perché adesso, da più di 6 anni, tutto questo è lì, a morire, se non si trova da parte di qualche Associazione la volontà di adottarlo e farlo vivere nel tempo. Queste opere, piccolo universo di genialità e creatività marchigiana, per anni sono state visitate da persone di tutte le età e provenienze, il gigantesco Mappamondo per dieci anni è stato il più grande del mondo secondo il Guinness dei primati, e sono per me un tenero ricordo della tenacia, dell’operosità e dei valori morali di mio padre, che lui desiderava trasmettere attraverso i suoi lavori. Spero che tutto questo non debba andare perduto per l’indifferenza e l’apatia di pochi.
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