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Un dizionario delle nostalgie neoclassiche

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Nel lontano 1882, quando venivano create le scuole professionali d’arte, più di milleottocento disegni vennero acquistati dal Comune di Milano: componevano quello che ancora oggi è noto come Fondo Maggiolini. Gli scopi di quell’acquisto non erano solo quelli di custodire ma anche di istruire. L’officina di un intarsiatore aveva la necessità, e virtualmente la ha tutt’ora, di uno strumento del genere, un archivio della fantasia. Il volume di Giuseppe Beretti e di Alvar González-Palacios rende oggi quell’archivio consultabile nella sua consistenza di fogli e foglietti, progetti, abbozzi, tracciati, schizzi, appunti, necessari alla bottega del maggior ebanista italiano del secondo Settecento e dell’Impero. Il contenuto di quella silloge dell’ornato neoclassico ad uso dell’arredo è vario e vi si contano mani di disegnatori diverse (fra cui quella, forse, del Maggiolini) ed epoche non ben definibili. Se infatti un’impeccabile simmetria numerica segna le date di nascita e morte del grande Giuseppe (1738-1814) e del figlio Carlo Francesco (1758-1834), e circoscrive i limiti del periodo aureo dell’officina, gli anni successivi alla fine della dinastia portano ancora un qualche contributo grafico nella persona di Cherubino Mazenzaniga che prosegue l’attività della bottega inoltrandosi nel secolo ma contaminando il fondo grafico con elementi estranei ed eterodossi.
L’insieme, in un certo senso, è un dizionario delle nostalgie neoclassiche per l’Antichità, per il Rinascimento e per un certo classicismo barocco. Ma accanto ai ritorni al passato c’è anche lo slancio verso la Parigi prerivoluzionaria con tutti gli svolazzi floreali, i nastri tremolanti, i fiocchi e le infinite iniziali allacciate. Da quei fogli nacquero mobili dalle superfici bidimensionali, trattate come fossero tessuti o come quadri intarsiati magistralmente pittorici. Con le scritte qui e là apposte e con notizie di altra fonte si compila una rubrica di clienti straordinaria che gravita sul Nord Italia ma sconfina nella corte di Pietroburgo passando con successo dalla vecchia aristocrazia alla giovane classe dirigente dell’Impero.
Gli autori del volume hanno pazientemente catalogato un bestiario simbolico con infinite colombe nuziali, aquile aggrottate e amenità mitologiche. Non vi si contano le corolle e i rametti fioriti che vanno a sostituire le borchie e le greche, i delfini accanto a un’arsella (una commistione del fregio del Pantheon e di un emblema dell’Alciato) hanno un successo costante e di arselle è pieno il fondo, soprattutto con girali in belle curve euritmiche, insieme ai grifoni del tempio di Antonino e Faustina. In breve, un mondo che ha solo in parte la maestà di Piranesi (se non in un tripode di Appiani) quanto piuttosto la caparbietà enciclopedica di un Antonini e i vezzi un po’ pedanti di certi decoratori germanici. Ma tutte quelle idee talvolta ovvie, poi, tradotte in legno divennero meravigliose.
Se rintracciare i vari mobili in cui compaiono alcune di quelle decorazioni è stata impresa brillantemente assolta, identificare la mano dei vari autori noti, quando ce ne sono, ha impegnato gli autori con risultati proficui. Spicca fra tutti Giuseppe Levati (1739-1828) con panoplie minuziosissime, rovine di una grazia rococò e cineserie nel gusto di Pillement (lo conobbe? verso il 1763 il francese era a Milano per poi passare a Vienna, città dove dieci anni dopo giungeva la commode di Maggiolini che impiega quei disegni). Poi Agostino Gerli (1744-1821) il più internazionale e architettonico di tutti, forse l’ispirazione migliore di Maggiolini quando la bottega è all’apice della fama. E ancora Carlo Cantaluppi, Girolamo Mantelli, il figlio diligente di Giocondo Albertolli, Raffaele. Infine Filippo Comerio con un gruppo di fogli che, stando agli autori, non presenta alcun legame con i mobili di Parabiago se non in un singolo caso. Ma il gusto neomanierista delle sue maschere, dei suoi vasi, dei suoi animali da incubo, delle grottesche, ha un tratto forte, veloce, ombreggiato brutalmente: un suo pilastro trapezoidale con due erme femminili sembra quasi copiato da Du Cerceau. E fra tanti fiori che parlano francese e volute che declamano in latino fa piacere.

Giuseppe Maggiolini. Catalogo ragionato dei disegni, a cura di Giuseppe Beretti e Alvar González-Palacios, 412 pp., ill., In limine edizioni, Milano 2014, € 150,00

Redazione GDA, 02 marzo 2015 | © Riproduzione riservata

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