Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliPercorrendo il paesaggio toscano, urbano o rurale, le inconfondibili sculture di imponenti dimensioni di Mauro Staccioli (Volterra, 1937-Milano, 2018) si calano con grande sapienza nell’ambiente, del quale hanno saputo compiere un’attenta lettura, commisurando il segno non soltanto allo spazio, ma alla presenza dell’uomo e della sua storia. Tuttavia, l’attività dell’artista volterrano, che ha operato in tutto il mondo, non è molto nota, se si eccettuano alcuni studi, tra cui il testo fondamentale di Veit Loers Mauro Staccioli Works 1969-1999 (L'Agrifoglio, 2000).
È il vuoto che intende colmare il museo archivio dedicato all’artista che apre le porte il 20 gennaio nell’ex Oratorio del complesso del Centro Studi Espositivo Santa Maria Maddalena, messo a disposizione dalla Fondazione Cassa Risparmio di Volterra promotrice dell’iniziativa. Il progetto è frutto di quattro anni di lavoro che vedono la collaborazione dell’Associazione Archivio Mauro Staccioli e della Bibliotheca Hertziana-Istituto Max Planck per la Storia dell’Arte con sede a Roma, dove si svolge la digitalizzazione dell’imponente archivio dell’artista (tramite il Digital Humanities Lab e la Fototeca).
A dirigere il museo, che ospiterà 40 maquette originali di Staccioli, modelli preparatori alle grandi opere, è Caterina Martinelli, dottoranda di ricerca presso l’Università di Zurigo e borsista all’Hertziana: «Per ora sono stati digitalizzati i primi vent’anni di attività di Staccioli ma il lavoro prosegue, spiega. Il museo è concepito in maniera tale da poter accedere, attraverso un touch screen interattivo, a tutti i documenti d’archivio, gli schizzi, i disegni preparatori, i fotomontaggi progettuali digitalizzati, che hanno condotto alla realizzazione delle grandi sculture; dati disponibili anche inquadrando il Qr code posto accanto alle didascalie di ciascuna maquette».
L’iniziativa parte da un progetto del 2020 della Regione Toscana, «Toscana in contemporaneo», che aveva permesso di indicizzare i materiali dell’archivio, alcuni dei quali a lungo poco accessibili, conservati nel casale di Staccioli a Mazzolla, nei pressi di Volterra, e ora trasferiti negli spazi dell’ex Oratorio.
«L’intento è di valorizzare la conoscenza dell’artista anche tra i giovani, promuovendo iniziative didattiche nel territorio», aggiunge Martinelli. Il lavoro partecipe e politicamente impegnato di Staccioli già alla fine degli anni Sessanta, culminante nella partecipazione a «Volterra 1972», è stato sempre molto sensibile alle problematiche storiche e sociali impresse nel paesaggio e negli edifici. Nel suo percorso intellettuale egli si muove con la mente di un architetto, non disgiunta però da una visione poetica e utopica.
I materiali esposti e consultabili nel museo permettono dunque di meglio comprendere quel che Maria Laura Gelmini (nel catalogo della mostra al Pecci di Prato Mauro Staccioli. All’origine del fare», Corraini, 2008) definisce «l’esigenza fondante del suo pensiero: leggere il luogo alla luce della storia e lasciare un segno indicativo sulla scorta di questa lettura».
Fulcro del percorso espositivo, proprio in corrispondenza dell’altare, troviamo una grande e suggestiva scultura in acciaio corten, il materiale preferito da Staccioli. Tutte le maquette sono state restaurate grazie all’Associazione Archivio Mauro Staccioli con il contributo della Galleria Il Ponte di Firenze. In occasione dell’inaugurazione ci sarà una giornata di studi con la partecipazione di Tristan Weddingen, Francesco Tedeschi, Alberto Fiz e Francesco Pola.
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