Fu Vittorio Amedeo II (1666-1732) a decidere di creare una nuova sede in via Po per l’Università di Torino e di dotarla anche di un museo. Al suo interno vi fece collocare le collezioni di antichità di famiglia. Era il 1724 e i Musei Reali di Torino, che da quell’istituzione accademica sono poi derivati, celebrano quest’anno 300 anni di attività. L’istituzione voluta da Vittorio Amedeo II rappresenta uno dei primi esempi di trasformazione di un «cabinet des curiosités» in un museo inteso come strumento di studio e istruzione e veicolo di ricerca e cultura. Appare perciò quantomai appropriato che i Musei Reali abbiano deciso di celebrare questo traguardo con una mostra dedicata alla regina d’Egitto Cleopatra VII (69-31 a.C.) che, oltre a essere donna dal fascino irresistibile, aveva una cultura che risulterebbe invidiabile anche ai giorni nostri.
«Cleopatra. La donna, la regina, il mito» rimarrà aperta fino al 23 marzo 2025 nello Spazio Scoperte della Galleria Sabauda. Curata da Annamaria Bava ed Elisa Panero, ripercorre la storia della regina per poi indagare la nascita del mito, cui Cleopatra contribuì all’elaborazione e diffusione, e la sua permanenza attraverso i secoli.
La mostra prevede cinque aree tematiche e ruota intorno all’enigmatica «Testa di statua di fanciulla in marmo» del I secolo a.C., nella quale si è voluto riconoscere i tratti e la capigliatura di una Cleopatra giovanile. È un reperto che proviene dal Museo di Antichità ed è incastonato in un contesto di reperti antichi e moderni presi a prestito dalle collezioni torinesi, ma anche da raccolte pubbliche e private.
Il percorso espositivo si apre con un inquadramento storico che dà conto della modernità dell’Egitto ormai ellenizzato del I secolo a.C. in cui crebbe Cleopatra VII e prosegue con una panoramica sul ruolo politico che ella svolse nello sviluppo economico dell’Egitto, grazie anche a un’accorta riforma monetaria. Il suo acume in politica estera è indisgiungibile dai rapporti con i più importanti personaggi dell’epoca, primi tra tutti Cesare e Antonio. Amante del primo e invisa a un’ampia fetta del popolo romano, Cleopatra si presentò nella Città Eterna come reincarnazione di Iside, fornendo così materia di scandalo e, allo stesso tempo, dando il via a un mito che ha attraversato intatto i secoli.
La mostra propone così immagini della regina che vanno dal Rinascimento a giorni nostri e che ritraggono Cleopatra nei momenti più importanti della sua vita, con una morbosa predilezione per quello culminante nella sua morte per il morso di un aspide.
Chiudono la rassegna immagini tratte da trasposizioni cinematografiche che accompagnano i visitatori ben oltre l’uscita con l’irresolubile enigma se assomigli più a Cleopatra Liz Taylor del capolavoro di Joseph L. Mankiewicz (1963) o Monica Bellucci di «Asterix & Obelix. Missione Cleopatra» (2002). Probabilmente nessuna delle due, ma entrambe incarnano bene il principio femminile nella sua massima espressione di potenziale attività e creatività che è il segreto del fascino millenario della regina delle regine.