Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Gianfranco Ferroni
Leggi i suoi articoliA Roma, in via Giulia, Palazzo Falconieri ospita l’Accademia d’Ungheria. Qui nella serata di sabato 6 dicembre sarà inaugurata l’installazione luminosa, intitolata «Mille anni di cammino insieme», di Erik Mátrai e Márton Urbán, con audio di János Borsos, alla presenza del ministro della Cultura e dell’Innovazione dell’Ungheria Balázs Hankó. L’opera trasformerà il cortile in uno spazio di luce e colori, visibile anche dal lungotevere Tebaldi e aperta al pubblico fino al 16 dicembre.
Intanto, nelle sale dell’accademia sono aperte fino al 28 febbraio 2026 due mostre, dedicate all’eredità di László Moholy-Nagy. Nella galleria, «Grandi Maestri della Fotografia»: dopo Robert Capa e André Kertész, spazio ad uno dei geni più versatili e influenti del Novecento, Moholy-Nagy. L’esposizione, a cura di Gabriella Csizek, è realizzata in collaborazione con il Robert Capa Contemporary Photography Center di Budapest e l’Accademia d’Ungheria in Roma, con il sostegno del Ministero della Cultura e Innovazione ungherese. La curatrice sottolinea che Moholy-Nagy «è stato uno degli artisti più versatili e influenti del XX secolo. La sua attività ha spaziato dalla pittura alla fotografia e al cinema, dalla scenografia all’educazione artistica, dalla scultura al design industriale, fino alla tipografia e alla pubblicità. Sperimentatore tra i più audaci, la sua visione moderna e il suo linguaggio formale lo hanno reso il principale maestro teorico e pratico del Neues Sehen, la “nuova visione”. La sua opera trovò piena espressione nell’intreccio tra ricerca artistica, riflessione teorica e impegno pedagogico, prima come docente al Bauhaus e poi come fondatore di una scuola a Chicago». E Moholy-Nagy «liberò la fotografia dall’imitazione pittorica, esplorando attivamente forme espressive e possibilità uniche di questo mezzo. Attraverso le sue fotografie e i film sperimentali, catturò le connessioni che la realtà manifesta nella costruzione dell’immagine fotografica. Pur dovendo più volte trasferirsi e ricominciare la sua attività creativa in nuovi paesi, mantenne un ottimismo incrollabile, convinto che l’arte, se resa accessibile e praticabile da tutti, possa contribuire a migliorare il mondo».
Secondo Walter Gropius, aveva una forza interiore che «lo spinse a esplorare molteplici ambiti del design artistico: si dedicò alla tipografia, all’arte del manifesto, alla fotografia, al cinema e al teatro. Era uno spirito appassionato, colmo di vitalità e amore, il cui entusiasmo accendeva e ispirava chi lo circondava. Il suo obiettivo creativo era trovare, attraverso la ricerca di “visioni in movimento”, una nuova concezione dello spazio. Libero da metodi tradizionali e mosso dalla curiosità di uno scienziato, si lanciava continuamente in nuove sperimentazioni». E fu Gropius a invitarlo a insegnare al Bauhaus.
Al piano nobile, «Risonanza», in omaggio a László Moholy-Nagy. A cura di Pál Németh Dla, la mostra presenta opere di Zsolt Gyenes, Anita Egle, Ferenc Forrai, Olívia Zséger, Márta Krámli e Balázs Veres: sei artisti contemporanei che, in modo spontaneo e non programmato, si sono sintonizzati con l’eredità di Moholy-Nagy, generando una risonanza creativa che ne intende rinnovare la presenza.