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Una retrospettiva di Lee Ufan ripercorre oltre cinquant'anni di carriera artistica
- Luana De Micco
- 26 febbraio 2019
- 00’minuti di lettura


«Relatum-Room (B)», di Lee Ufan. Couvent de La Tourette, 2017. © Foto: Jean-Philippe Simard © Adagp, Paris, 2019
Al Pompidou di Metz il vuoto pesa come una pietra
Una retrospettiva di Lee Ufan ripercorre oltre cinquant'anni di carriera artistica
- Luana De Micco
- 26 febbraio 2019
- 00’minuti di lettura
Luana De Micco
Leggi i suoi articoli«Non una retrospettiva in senso classico ma una traversata in un’opera alla ricerca costante di ridefinizione dell’arte»: così Jean-Marie Gallet, curatore della mostra «Lee Ufan. Abitare il tempo», presenta la monografica che la sede di Metz del Centre Pompidou dedica all’artista coreano dal 27 febbraio al 30 settembre.
Lungo il percorso si incontra una selezione di opere, dalle prime degli anni Sessanta fino ai lavori più recenti. Sono allestite opere «storiche», come una delle prime sculture della serie «Relatum» del 1969, rappresentativa del periodo Mono-ha, con le pietre posate nello spazio, che riflette sulla divergenza tra percezione e realtà; e i tre quadri dai colori vivaci di «Landscape», per la prima volta in Francia, ma che fecero scalpore nel 1968 al Museo di arte moderna di Tokyo.
Ci sono anche opere inedite, come «Relatum (coton)», allestita nel Forum del museo (fino ad aprile), in cui l’artista mescola cotone e fili d’acciaio. Una sezione è dedicata alle pitture recenti della serie «Dialogue», iniziata nel 2007, sul concetto di vuoto, e una alle sue opere grafiche della collezione del Centre Pompidou.
Il visitatore è accompagnato dalla musica di Ryuichi Sakamoto, autore tra l’altro della colonna sonora del film «L’ultimo imperatore» di Bertolucci, il regista recentemente scomparso, al quale Lee Ufan ha chiesto una collaborazione sonora speciale per Metz. L’artista di 82 anni vive e lavora tra il Giappone e la Francia, paese con cui ha stretto da tempo un legame profondo.

«Relatum-Room (B)», di Lee Ufan. Couvent de La Tourette, 2017. © Foto: Jean-Philippe Simard © Adagp, Paris, 2019