Le Acquavella Galleries di New York ospitano, fino al 21 marzo, «Ritrattistica: da Cassatt a Warhol», una mostra collettiva che esplora questo particolare genere, con dipinti e sculture che abbracciano oltre un secolo e diverse tendenze artistiche, dall’Impressionismo a oggi. Tra gli artisti esposti figurano Francis Bacon, Billy Al Bengston, Pierre Bonnard, Dominic Chambers, Jean Dubuffet, Nicole Eisenman, Alberto Giacometti, Damian Loeb, Henri Matisse, Joan Miró, Chris Ofili, Tom Sachs, Wayne Thiebaud, Édouard Vuillard, Andy Warhol e Hannah Wilke.
L’allestimento approfondisce questioni tecniche e metodi utilizzati dagli artisti per rappresentare i loro soggetti. La mostra riflette i diversi modi di vedere e ritrarre, con particolare attenzione al rapporto tra pittore e modello.
Per esempio, «Tête de femme penchée (Lorette)» (1916-17) è uno dei circa cinquanta dipinti che Henri Matisse realizzò con la sua modella e musa italiana «Lorette» tra il 1916 e il 1917. Durante la Prima guerra mondiale l’artista iniziò ad avvicinarsi più che mai all'astrazione, fino a quando la serie di dipinti di Lorette inaugurò tonalità più morbide e calde e un ritorno alla figurazione, caratteristiche che avevano iniziato a scomparire dalla pratica di Matisse per un breve periodo dopo il 1913. Lorette fu una figura cruciale per la carriera di Matisse, perché nell’artista risvegliò una nuova energia, rinvigorendo un’attenzione particolare ai colori ricchi e alle forme dinamiche di un suo nuovo naturalismo.
In mostra vi è anche il celebre «Self-Portrait (Fright Wig)» di Andy Warhol (1986). Realizzato dall’artista nel suo penultimo anno di vita, il dipinto è tra le sue immagini più riconosciute e familiari. Nell’allestimento newyorkese l’opera è affiancata da un altro autoritratto dell’artista, «Self-Portrait», del 1964. Realizzato all’inizio della sua carriera, è il punto di partenza del lavoro di Warhol nella costruzione dell’identità per la creazione del suo personaggio pubblico. In «Fright Wig», che appartiene all’ultima serie di ritratti, risalta con evidenza il persistente conflitto warholiano tra il sé e l’icona, il privato e il pubblico.