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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliLa galleria Il Ponte dedica, dal 24 maggio al 28 luglio, una mostra a Marina Ballo Charmet, a cura di Marco Meneguzzo, che si svolge anche nel Museo degli Innocenti di Firenze. In questa sede è presente la videoinstallazione «Tatay» (2022-23): in ambiente sonoro oscuro, dodici voci di padri di paesi e lingue diversi cantano la ninnananna al loro bambino.
«Non è il padre super-eroico, autoritario, ma è il padre affettivo (“il nuovo padre”)», spiega l’artista. E da questo intreccio di voci prende forma un’unica voce ancestrale e primordiale.
In galleria invece il progetto «Tatay» è declinato attraverso dodici fotografie di grande formato e dai colori forti e sgargianti che sempre si riferiscono al rapporto padre-figlio. La tonalità intensa diventa metaforicamente, nota Meneguzzo, «calore», trasmettendo l’intensità, la forza di un contatto tattile e sostituendo a un tipo di analisi razionale, un approccio prelinguistico.
«C’è qualcosa di ambiguo e quasi inquietante in certi casi, spiega Ballo Charmet, dato anche dall’uso dello sfaldamento del colore, della sovraesposizione e dal fuori fuoco. Cercavo un'immagine che va a toccare qualcosa che è molto profondo in noi e che è qualcosa di preconscio».
Come sottolinea ancora il curatore, l’immagine tanto luminosa da essere inizialmente non percepita, nasconde il soggetto, ma non lo cancella, costringe piuttosto a guardare meglio, ad andare a fondo con lo sguardo.
Proprio dissolvendo le figure quasi topiche di padre e figlio in inquadrature insolite e con colore debordante, l’artista elude pienamente i rischi di un soggetto tanto sfruttato dalla pubblicità.
Al piano inferiore della galleria sono esposte sei foto di un progetto del 1993-94, «Con la coda dell’occhio», lavori in bianco e nero di grande formato, stampati ai sali d’argento, nei quali i «contorni» della città, marciapiedi, spartitraffico, sterrati, sono visti con uno sguardo dal basso, (l’obiettivo è infatti posto all’altezza dell’occhio di un bambino di tre o quattro anni).
Già presente in questa serie è la scelta del fuori fuoco, ricorrente anche in altri lavori precedenti riferiti, come lei stessa scrive, «allo studio della visione periferica di Anton Ehrenzweig e all’idea che si possa percepire e conoscere anche meglio con la visione periferica e quindi con il fuori fuoco».
Lo sguardo non è dunque una presa di distanza ma, osserva lo storico e critico d’arte, Jean-François Chevrier, una forma di partecipazione, psichica e psicologica, dove l’immagine diviene «luogo di un’intimità sperimentale indefinita»; d’altra parte questo pensiero evoca la professione di Marina Ballo Charmet, psicoterapeuta infantile.

«Tatay #8» (2022-23) di Marina Ballo Charmet

«Tatay #4» (2022-23) di Marina Ballo Charmet