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Camilla Bertoni
Leggi i suoi articoliNell’anno in cui ricorre il cinquantesimo dalla morte di Man Ray, e che vedrà a settembre a Palazzo Reale di Milano aprire la prima di una serie di mostre previste in suo omaggio, la galleria Tommaso Calabro inaugura il 29 marzo nella sua sede di Venezia (a palazzo Donà Brusa, fino al 21 giugno), un’esposizione dedicata «a uno dei più visionari artisti del ventesimo secolo», spiega il gallerista. Un caso? «Solo una fortunata coincidenza per una mostra che abbiamo fortemente voluto», risponde.
Una quarantina le opere che provengono da collezioni private perlopiù, sculture, edizioni, assemblage, gouache, disegni, fotografie e grafiche, realizzate tra gli anni Venti e gli anni Settanta. Una panoramica ampia sul lavoro dell’artista, il cui vero nome era Emmanuel Radnitzky (Philadelphia, 1890-Parigi, 1976). «Man Ray sarà lo pseudonimo adottato dal 1909, continua Tommaso Calabro, dopo essersi trasferito a New York. L’incontro con Marcel Duchamp nel 1915 rappresenta una svolta, così come quello negli anni Trenta a Parigi con Alexander Iolas accanto ad artisti come Braque, Picasso, de Chirico e molti altri».
È proprio seguendo le tracce di Iolas che si svolge il programma delle mostre in galleria dedicate all’arte moderna in alternanza a quelle di arte contemporanea, come «Moonkillers» appena conclusa. «Il file rouge creato intorno a Iolas, spiega ancora il gallerista, è nato con la mostra che abbiamo allestito nella sede di Milano nel 2020, a cura di Francesco Vezzoli, ricostruendo la casa del collezionista greco che, da artista amico degli artisti, in particolare nell’area del Surrealismo, del Dadaismo, della Metafisica, ha finito per promuoverne da gallerista le opere. Un’opera esposta, ma non in vendita, a cui tengo molto è “Pêchage”, multiplo in sei esemplari, utilizzata da Iolas per un suo manifesto e tornata nelle mie ricerche». «Varlop» (1935-66), «Hommage à De Sade» (1940), «Monument au peintre inconnu» (1955-71), «La boite à Pandore» (1952-70), «Vénus restaurée» (1971), sono altre opere in mostra. «Sono legate alle collaborazioni con i principali galleristi italiani d’avanguardia degli anni Sessanta, quando Man Ray intensifica il rapporto con il nostro Paese, come Luciano Anselmino, fondatore della galleria Il Fauno, Arturo Schwartz, l’editore Sergio Tosi e Fausta Squatriti».
Questa di Man Ray è la quarta mostra che si inaugura nello spazio veneziano, aperto esattamente un anno fa. «Siamo molto soddisfatti, traccia un primo bilancio Calabro, sia per quanto riguarda la visibilità, ma anche per il numero di collezionisti, curatori e direttori di musei internazionali che sono venuti a trovarci, a Venezia molto più presenti che a Milano».

Man Ray, «Pêchage», 1972. Courtesy Tommaso Calabro