Scuola fiamminga, «Retablo con Giudizio Universale», fine del XV secolo, Parigi, Musée des Arts décoratifs

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Scuola fiamminga, «Retablo con Giudizio Universale», fine del XV secolo, Parigi, Musée des Arts décoratifs

Da Dürer a Brassaï, 300 modi di rappresentare l’Apocalisse

Nella Bibliothèque nationale de France di Parigi, dipinti, sculture, arazzi, film e installazioni su un tema che, dall’antichità ad oggi, non ha mai smesso di essere fonte d’ispirazione

Da Albrecht Dürer a Brassaï, passando per l’Espressionismo tedesco, William Blake, Vassilji Kandinskji, Anne Imhof e Kiki Smith, per secoli gli artisti si sono interessati al tema affascinante della fine del mondo, l’Apocalisse, dando vita ad alcune delle opere più belle della storia dell’arte mondiale. Spaziando tra antico e moderno, la Bibliothèque nationale de France di Parigi, nel suo sito François Mitterrand del quartiere di Bercy, dal 4 febbraio all’8 giugno propone la prima grande mostra sul tema col titolo «Apocalisse. Ieri e domani», a cura di Jeanne Brun, vicedirettrice del Musée d’Art Moderne del Centre Pompidou. La parola «apocalisse», comunemente associata a una catastrofe, divina o naturale, all’idea di rovina e a una visione tragica dell’esistenza, deriva dal latino «apocalypsis», che vuol dire inizialmente «rivelazione», con un senso dunque positivo e non tragico.

In mostra sono riunite circa 300 opere con un approccio multidisciplinare, dipinti, sculture, arazzi, film, installazioni, tra cui prestiti in arrivo da grandi musei, come il British Museum e il Victoria & Albert Museum di Londra, il Musée d’Orsay e il Centre Pompidou di Parigi: «Esplorando questo testo complesso e infinitamente ricco, esponendo le sue visioni e le molteplici narrazioni che vi si intrecciano, la mostra cerca di rinnovare la nostra comprensione di questo messaggio e monito cristiano di 2mila anni fa», scrive la Bnf in una nota. Il percorso si apre su alcuni preziosi manoscritti dell’XI secolo dell’Apocalisse di San Giovanni, ultimo libro dell’Antico Testamento, che appartengono alle stesse collezioni della Bnf. Tutta questa prima parte della mostra intende fornire delle chiavi di lettura del testo, in cui il santo «parla di un velo posato sul regno invisibile che riunirà i credenti nella Gerusalemme celeste. Una parola di speranza, si chiede la Bnf, destinata a superare le nostre paure più profonde?».

Sempre della collezione della Bnf è anche la famosa serie di incisioni di Dürer che illustra degli episodi del testo sacro composti intorno al 1498 per illustrare un’edizione latina del 1511. Sono allestiti poi i frammenti raramente presentati al pubblico del celebre «Arazzo dell’Apocalisse», patrimonio Unesco dal 2023, realizzato alla fine del XIV secolo sui cartoni del pittore fiammingo Hennqeuin de Bruges e conservato al Castello di Angers. La seconda parte della mostra, dal titolo «Il tempo delle catastrofi», è dedicata alla rappresentazione dell’Apocalisse nell’arte. Artisti di tutti i tempi l’hanno a loro modo rappresentata e infatti sono allestite tavole dei «Disastri della guerra» di Francisco Goya, opere di Odilon Redon, Ludwig Meidner, Natalia Gontcharova, Otto Dix, Antonin Artaud, Unica Zürn, fino a Tacita Dean. Sul tema del «Giorno dopo» è esposto «Infinito» di Luciano Fabro (1989), «Earth» di Kiki Smith (2012) e lavori di Miriam Cahn e Otobong Nkanga.

Judit Reigl, «Ils ont soif insatiable de l’infini», 1950. © Adagp, Paris, 2025

Luana De Micco, 04 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

Da Dürer a Brassaï, 300 modi di rappresentare l’Apocalisse | Luana De Micco

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