Dal 17 aprile le Gallerie dell’Accademia accolgono la mostra «Willem de Kooning e l’Italia» a cura di Mario Codognato e Gary Garrels, prima grande monografica nel nostro Paese dedicata all’artista esponente dell’Espressionismo astratto (Rotterdam, 1904-New York, 1997). «Una ventina di anni fa, specifica Codognato, a Roma venne realizzata una mostra di lavori degli anni Ottanta, ma questa mostra odierna può intendersi un unicum che offre l’opportunità al pubblico italiano di entrare in contatto con uno dei più grandi protagonisti dell’arte del XX secolo. Per il pubblico americano, che ha più familiarità con la sua arte, potrebbe essere occasione per scoprire un aspetto inedito della sua carriera, ossia la permanenza dell’artista nell’ambito di due specifici soggiorni prevalentemente romani nel 1959 e nel 1969».
L’arco temporale preso in esame copre quattro decenni attraverso una selezione di 75 opere tra tra dipinti, disegni e sculture che vanno dalla fine degli anni Cinquanta agli anni Ottanta in virtù di prestiti internazionali da istituzioni quali MoMA e Whitney di New York, e Guggenheim di Bilbao. Il percorso, il cui allestimento è firmato dallo studio Una/Fwr diretto da Giulia Foscari, si apre con i lavori immediatamente precedenti all’avventura italiana, i dipinti del ciclo «Abstract Parkway», per poi proseguire con gli esiti del primo soggiorno romano, periodo in cui De Kooning, traendo spunto dalle fonti più disparate, fonde innovazione e sperimentazione dando forma a opere in bianco e nero su carta, collage, smalto e pietra pomice.
«Ricordo tutto mezzo sospeso o proiettato nello spazio, i dipinti sembrano funzionare da qualsiasi angolazione si scelga di guardarli. Tutto il segreto sta nel liberarsi dalla forza di gravità» dichiarerà De Kooning della sua esperienza in Italia. Tornato a New York l’esito si concretizza nell’astrazione di «Door to the River», «A Tree in Naples» e «Villa Borghese». Accanto a essi una selezione di grandi quadri figurativi ancora della metà degli anni Sessanta. In particolare «Man with Moustache» e «Man Accabonac» affiancati in un dittico. A questi si aggiungono gli esempi scultorei del 1969, l’anno del secondo soggiorno a Roma, quando De Kooning per la prima volta si accosta alla pratica scultorea come traduzione tridimensionale della sua pittura (fondamentale fu l’incontro nella Capitale con lo scultore e amico Herzl Emanuel). Così si materializzano le prime sculture, dapprima in creta poi in bronzo, che nell’esposizione concorrono al dialogo continuo tra figurativo e astratto, «in maniera straordinariamente originale quasi a eliminarne la dicotomia, puntualizza ancora Codognato, a cui si aggiunge la scultura». Infine chiude il percorso una selezione degli ultimi dipinti realizzati dal 1981 al 1987.