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L’interesse per la percezione della luce, al centro della ricerca del giovane artista fiorentino, si lega all’utilizzo di un materiale che rende ambigua la lettura dell’opera
- Laura Lombardi
- 17 settembre 2024
- 00’minuti di lettura


Una delle opere in velluto di Leonardo Meoni
© Stefano Casati
I velluti di Meoni al Museo Bardini
L’interesse per la percezione della luce, al centro della ricerca del giovane artista fiorentino, si lega all’utilizzo di un materiale che rende ambigua la lettura dell’opera
- Laura Lombardi
- 17 settembre 2024
- 00’minuti di lettura

Laura Lombardi
Leggi i suoi articoli«Leonardo Meoni. Gli altri colori purtroppo, sono tutti caduti», nel Museo Stefano Bardini fino al 10 ottobre, a cura di Sergio Risaliti, allude nel titolo alla caduta di porzioni di pittura negli affreschi, a causa di cattiva conservazione, e che vede la comparsa di disegni preparatori retrostanti. Sono proprio le lacune e le sinopie a offrire a Meoni, che rifiuta una lettura e un’interpretazione immediata dell’immagine, una riflessione sullo spazio ulteriore, velato (nella foto, una delle sue opere. © Stefano Casati).
L’interesse per la percezione della luce, al centro della ricerca del giovane artista (Firenze, 1994), si lega all’utilizzo del velluto, materiale che, assorbendo la luce, rende la lettura dell’opera ambigua e cangiante a seconda del punto di osservazione. Ne scaturisce una lettura che ribalta la normale concezione: l’oscurità intima del velluto, comportando uno sforzo di adattamento dell’occhio, costringe a una maggior concentrazione e a sviluppare quindi una disposizione contemplativa, a differenza di quanto avviene nella troppa luce che appiattisce e riduce le capacità cognitive dello sguardo. La mostra si svolge nell’ambito di un progetto di mostre curate da Sergio Risaliti e organizzate dal Museo Novecento di Firenze in collaborazione con Amanita.