I Magazzini Raccordati sono un non-luogo cavernoso che si apre sotto le arcate di supporto ai binari della Stazione Centrale di Milano: oltre cento spazi dal sapore piranesiano, non più utilizzati da tempo, estesi su 40 mila metri quadri lungo due chilometri della via Ferrante Aporti. Otto di essi, dal 21 marzo all’11 aprile, ospiteranno il «Paradiso» che Gian Maria Tosatti (Roma, 1980) ha immaginato in occasione del doppio progetto diviso tra questi spazi e la galleria milanese di Lia Rumma, dove va in scena «Es brent» (dal 21 marzo all’8 maggio) il versante più realistico di questa doppia personale che ai Magazzini si affida invece a un immaginario fortemente simbolico. «È un progetto, racconta l’artista a “Il Giornale dell’Arte”, che cerca di afferrare lo spirito di questo tempo di grave difficoltà democratica e di guerre che si trasformano sì, ma non accennano a diminuire. Perché “Es brent”? È il titolo di una canzone scritta nel 1938, quando iniziavano a soffiare venti minacciosi, da un poeta e autore di canti popolari yiddish e significa “brucia”: “la nostra città sta bruciando, dice. E tu che fai con le braccia conserte? Corri a spegnere il fuoco!”. È del 1938 ma potrebbe essere scritta oggi. È qualcosa che ci chiama in causa, in un momento in cui si stanno sfaldando i legami democratici. La mostra cerca di metterci di fronte agli occhi ciò che sta succedendo. Attraverso le mie opere racconto il sentimento del nostro tempo, in cui si è smesso di credere in qualsiasi cosa e manca ogni portato ideale». Perché abbia scelto (e non da ora) di servirsi della lingua yiddish (la lingua degli ebrei stabilitisi da secoli nell’Europa centro-orientale con la diaspora, Ndr), Tosatti lo spiega facendo riferimento a Isaac B. Singer che, ricevendo il Premio Nobel nel 1978, interrogato sul perché continuasse a scrivere in yiddish, rispose: «perché è una lingua in cui non è mai stato pronunciato un ordine militare».
Il racconto si sviluppa sui tre piani della galleria dal grande spazio al piano terreno, dove si trova un inedito lavoro al neon: «è la prima volta che me ne servo, continua Tosatti, ed è una grande scritta, come quelle pubblicitarie che un tempo si accendevano in Piazza Duomo a Milano, che gioca sull’ambiguità della parola “Trauma”: la “a” è spesso spenta e la parola diventa “traum”, sogno in tedesco. Quando si riaccende, ecco che riappare il trauma. Perché i sogni che stiamo vivendo nel nostro tempo imbarbarito molto spesso si trasformano in traumi».
Salendo, vanno in scena installazioni mai presentate prima («una ricostruzione, sintetizzata, di ambienti domestici familiari: un angolo, un ritaglio, dove però c’è molto di ciò con cui le persone vivono. Il significato? È volutamente enigmatico, disponibile alla decodificazione da parte dei visitatori») e poi i dipinti (del 2023) che danno il titolo alla mostra. Come quelli presentati due anni fa in Pirelli HangarBicocca, presentano il conflitto tra l’oro e la ruggine, ma ora, anziché essere del tutto astratti, «acquisiscono forme evocative, di fiamme. C’è un grande trittico in cui sembra di vedere dei fiori: in realtà è un cielo di guerra. Sono ferite del nostro sguardo a cui, purtroppo, ci siamo talmente abituati che l’idea della violenza sembra piacerci. Siamo attratti dall’abisso». E con questi, il ciclo «Fireworks», 2024: dipinti dall’aspetto argenteo in cui nulla è ciò che sembra, perché in realtà si tratta di lamiera zincata: «un argento artificiale, dal forte valore simbolico: un materiale su cui l’uomo ha messo mano».
Ai Magazzini Raccordati, col sostegno di due grandi aziende come Eco Contract + Eco Design e Brembo, invece, la visione del paradiso declinata al presente. Spiega Tosatti: «oggi che si sono perduti i principi etici e che la morale è diventata un impedimento, qual è il paradiso che ci immaginiamo? È un luogo distrutto, collassato su sé stesso, senza più angeli. Vuoto, ma riempito della violenza dell’uomo. Spero però che queste siano le mie ultime opere “nere”, ci anticipa: le persone hanno bisogno di sperare e noi artisti dobbiamo restituire loro speranza e bellezza. Presenteremo il ciclo cui sto lavorando nel prossimo autunno in un’uscita importante nell’America latina. E sarà qualcosa di completamente nuovo».

Gian Maria Tosatti, «Fireworks», 2024