«Triple Elvis» (1963) di Andy Warhol, Collezione Luigi e Peppino Agrati-Intesa Sanpaolo (particolare)

© Foto: Luca Carrà, Milano. © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc. by Siae 2024

Image

«Triple Elvis» (1963) di Andy Warhol, Collezione Luigi e Peppino Agrati-Intesa Sanpaolo (particolare)

© Foto: Luca Carrà, Milano. © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc. by Siae 2024

La prima assoluta dei Warhol Agrati

Le opere della Collezione Luigi e Peppino Agrati, ora di Intesa Sanpaolo, in mostra alle Gallerie d’Italia Napoli, a cura di Luca Massimo Barbero, per illustrare i legami del maestro della Pop Art con la città

La mostra «Andy Warhol: Triple Elvis» alle Gallerie d’Italia Napoli dal 25 settembre al 16 febbraio 2025, a cura di Luca Massimo Barbero, curatore associato delle collezioni di arte moderna e contemporanea di Intesa Sanpaolo, rappresenta un significativo focus espositivo sul più celebre interprete della Pop art statunitense (Pittsburgh, Pennsylvania, 1928-New York, 1987). Attraverso le opere provenienti dalla Collezione Luigi e Peppino Agrati, confluite nel patrimonio di Intesa Sanpaolo a seguito del lascito del cavalier Luigi Agrati ed esposte per la prima volta in quest’occasione, la mostra indaga uno dei più interessanti snodi della ricerca di Warhol e si conclude con una testimonianza sul fecondo legame che l’artista ebbe con Napoli.

Professor Barbero, dove nasce l’dea di questa mostra?
La mostra si inserisce nell’ambito del progetto «Vitalità del tempo», un ciclo di mostre da me curato per Gallerie d’Italia con opere che attingono alla straordinaria collezione di Intesa Sanpaolo. Il titolo intende sottolinearne la vitalità presente all’interno di un’incredibile varietà che contraddistingue le raccolte. Un’idea di vitalità che si oppone a qualsiasi staticità, ma anche a un’idea di un tempo diacronico e omogeneo, per offrire inediti sguardi sulle opere. Nello specifico questa si presenta come una mostra dossier, in cui sono esposte per la prima volta in assoluto le opere che provengono dalla Collezione Agrati e che sono state donate al gruppo bancario, tra cui anche una fotografia in bianco e nero di Warhol, realizzata da Duane Michals. La mostra è costruita attorno a tre momenti emblematici dell’immaginario di Andy Warhol e si conclude con due piccoli «Vesuvius» già presenti nella collezione di Gallerie d’Italia a Napoli. Nel 1963 alla Ferus Gallery di Los Angeles si tenne una mostra di Warhol dedicata agli «Elvis Paintings»: 22 opere in cui questa icona della cultura statunitense veniva ingigantita, moltiplicando un fotogramma tratto dall’immagine pubblicitaria del film «Flaming Star» del 1960, in cui Elvis è vestito da cowboy. Per la prima volta Warhol lavora sulla ripetizione dello stesso soggetto sulla tela ed è in quel periodo che aveva iniziato a sperimentare il fondo argento per le sue opere, realizzando i «Silver Paintings». Dunque Warhol prende un’immagine di promozione di un film e la mette all’interno di uno specchio, all’interno di qualcosa di shining, che esprime certamente l’idea della vitalità, ma anche della morte. L’argento, infatti, è atemporale, è privo di qualsiasi riferimento naturale e rende preziosa l’immagine a cui fa da sfondo. La mostra alla Ferus passa alla storia anche perché queste tele di grandi dimensioni, per un accordo tra gallerista e artista, potevano essere tagliate e vendute. In mostra a Napoli, quindi, avremo «Triple Elvis», opera dapprima entrata nella collezione di Leo Castelli e poi in quella di Luigi e Peppino Agrati. 

Quali altri contenuti offre la mostra?
L’esposizione in realtà apre con tre fondamentali cicli grafici: «Electric Chairs», tema molto forte e di straordinaria attualità, che riprende e trasfigura una fotografia storica di una sedia elettrica di Sing Sing, la prigione per eccellenza degli Stati Uniti. Warhol qui inizia a intervenire con minimi tocchi pittorici. Si tratta di un tema politico, mascherato dalla piacevolezza cromatica. L’opera del 1971, molto bella e molto dura, introduce agli anni ’70, al decennio di lotte e di proteste. È una serie di grande profondità e significato e Warhol nasconde molto bene la profondità in superficie. Altra opera «politica» è quella dedicata a Mao Tse-Tung, su cui interviene pesantemente con il colore. Qui incomincia un altro Warhol. La serie è del 1972, anno della visita del presidente Nixon in Cina. Immancabile, infine, l’altro ciclo grafico iconico, quello dedicato alla Marilyn del 1967, quando la star di Hollywood era già morta. Si individuano due temi: l’eternità e la morte. Warhol conferma l’eternità del mito, ma ribadisce anche l’ossessione per la maschera funebre. Infine la mostra rammenta il rapporto di Warhol con Napoli: attraverso i due piccoli «Vesuvius» della collezione Gallerie d’Italia a Napoli si racconta un’altra storia che investe Lucio Amelio e apre a possibili approfondimenti con le altre presenze di Warhol sul territorio, dalla Reggia di Caserta con la collezione «Terrae Motus» al Museo di Capodimonte. 

Per lei, in che cosa consiste l’attualità di Warhol?
Non è solo nel suo rapporto con la riproducibilità, con la fama e con il mercato. Warhol ci racconta della durevolezza del mito. Ha eternato di più lui le icone famose che la loro stessa opera. Warhol capisce chiaramente quali sono i personaggi destinati a diventare iconici e li restituisce come tali a una cultura come quella americana che investe molto nella creazione dei nuovi miti.

Come ancora oggi avviene a Napoli: da san Gennaro a Maradona…
E, infatti, Warhol, che amava i miti, amava molto Napoli.

«Vesuvius (rosso)» (1985) di Andy Warhol, Collezione Intesa Sanpaolo. © Archivio Patrimonio Artistico / foto: Luciano Pedicini, Napoli. © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc. by Siae 2024

Olga Scotto di Vettimo, 23 settembre 2024 | © Riproduzione riservata

La prima assoluta dei Warhol Agrati | Olga Scotto di Vettimo

La prima assoluta dei Warhol Agrati | Olga Scotto di Vettimo