È la combinazione unica di morbidezza e di precisione, sensazioni soggettive e mondo oggettivo che rende così suggestivi i quadri di Lorenzo Peretti, pittore originario della Val Vigezzo, all’apice settentrionale del Piemonte, discendente da una prolifica dinastia di artisti: in primis il papà, Bernardino, godeva di un discreto successo locale e poi il nonno, figlio a sua volta del pittore Carlo Giuseppe Peretti, era restauratore della Casa Reale. Compagno di studi di Carlo Fornara e di Giovanni Battista Ciolina, nonché allievo di Enrico Cavalli, aveva avuto modo di conoscere Oltralpe la maniera impressionista e postimpressionista così come la poetica di George Seurat e di Paul Signac, avvicinandosi quindi gradualmente alle soluzioni formali tipiche del Pointillisme. La ricerca che Peretti intraprese fu però molto personale, basata su una sintesi tra un approccio razionale e scientifico alla realtà quanto emozionale.
Fino al 26 ottobre, «Lorenzo Peretti (1871-1953). Natura e mistero», mostra a cura di Elena Pontiggia allestita nella Casa De Rodis, palazzetto medievale nel centro storico di Domodossola che ospita la sede delle mostre della Collezione Poscio, omaggia l’autore piemontese attraverso un’ottantina di sue opere. Non molto conosciuto al di fuori del contesto locale in cui ha lavorato a causa della sua indole solitaria e affatto avvezza all’autocelebrazione, Peretti aveva «temperamento d’artista nel vero senso», come ebbe modo di dire Cavalli, che con lui e altri discepoli aveva creato un forte sodalizio creativo e umano. L’iniziativa espositiva ne ripercorre la breve vicenda artistica, durata soltanto una dozzina d’anni, attraverso i suoi lavori più rappresentativi, a partire da «Bosco dei druidi» (1898 ca), visionaria rappresentazione di una foresta abitata da sacerdoti millenari che echeggia un certo Simbolismo nello spiccato richiamo al misticismo e alla spiritualità.
La raccolta di opere comprende poi i paesaggi «divisionisti» della sua valle, tra cui «Toceno con sfondo delle Alpi», «Sottobosco», «Paesaggio», «Conversazione campestre», «Paesaggio serale bocchetta di Finero», «Laghetto alpino», «Oratorio», e i quadri non-finiti dei primi del ’900, tra cui «Sottobosco» e «Parigi». Di rara intensità sono i ritratti, in primis il suo e quello del suo maestro e poi ancora quelli della sorella e di «Carlaccin», contadino vigezzino, soggetto ricorrente sia in Fornara sia in Cavalli. Nella seconda sezione della mostra spiccano i dipinti della cerchia di Peretti: Ciolina, Rastellini, Fornara e Arturo Tosi, quest’ultimo suo coetaneo e, come lui, estraneo a gruppi e correnti a favore dello sviluppo di una totale libertà espressiva. Infine, è esposto anche il Testamento spirituale del pittore in cui è documentata la filosofia alla base del suo pensiero sul mondo, per lui riflesso dell’infinito e riverbero di Dio.