«L’uomo che crea» (1928) di Alberto Martini, Rovereto, Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto

© Archivio Fotografico e Mediateca Mart

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«L’uomo che crea» (1928) di Alberto Martini, Rovereto, Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto

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L’altro Alberto Martini, macabro e dimenticato

Il visionario artista trevigiano viene celebrato a Oderzo, Milano e Treviso a settant’anni dalla morte

Famoso in vita, presente a ben 14 edizioni della Biennale di Venezia sin dalla seconda, nel 1897, e invitato in tutt’Europa a esporre le sue visioni nutrite dai succhi del più cupo (e allora attualissimo) Simbolismo, Alberto Martini (Oderzo, 1876-Milano, 1954) nel tempo è caduto nell’ombra, fino a essere talora confuso con il grande scultore trevigiano Arturo Martini. A settant’anni dalla morte, le sue città italiane di riferimento (ma in seguito anche Parigi, dove visse per alcuni anni, e il Belgio, culla del Simbolismo) lo celebrano con una serie di mostre e ricerche che ne indagano l’universo orrifico e visionario. 

A Oderzo, sede della Pinacoteca che porta il suo nome, Fondazione Oderzo Cultura, il motore delle celebrazioni, presenta dal 27 settembre al 25 marzo 2025 in Palazzo Foscolo «Le Storie straordinarie. Alberto Martini ed Edgar Allan Poe», mostra a cura di Paola Bonifacio e Alessandro Botta con il coordinamento scientifico di Carlo Sala. Intorno all’ampio nucleo dei disegni per i racconti di Poe, la cui macabra seduzione è potenziata dalla mano prodigiosa di disegnatore, il progetto riunisce disegni, incisioni, dipinti a olio, pastelli (molti inediti) che ricompongono il suo cammino sin dagli esordi, quando guardava alla durezza della vita dei lavoratori. Tema, questo, diffuso fra gli artisti di quegli anni, cui presto (specie dopo il soggiorno monacense del 1897) in lui subentrerà la passione per la grafica cinquecentesca del Nord Europa, i cui modi e le cui tematiche lo condurranno a quel suo personalissimo linguaggio cui i Surrealisti attingeranno ampiamente. Alla mostra si aggiungono anche un nucleo di opere della Pinacoteca Alberto Martini estranee ai temi della mostra e «Concerning Dante», fotografie «martiniane» del giovane Jacopo Valentini

Dal 2 ottobre al 19 gennaio 2025 è la volta di Milano, dove nelle Salette della Grafica del Castello Sforzesco va in scena «Alberto Martini: la danza macabra» (stessi curatori). In mostra, i suoi lavori sul tema della morte conservati nel Gabinetto dei Disegni e nella Civica Raccolta delle Stampe «Achille Bertarelli»: i disegni dell’«Albo della morte» (1894-96) e le fortunatissime (dopo un primo sequestro) cartoline della «Danza macabra europea», queste degli anni della Grande guerra, sono messi qui a confronto con esempi di «Totentanz» europee, da Hans Holbein il Giovane a James Ensor e Felicien Rops, fino a Gaetano Previati e Luigi Russolo. Unico «ospite», il grande, allucinatorio «Autoritratto» del 1911, prestato dalla Fondazione Oderzo Cultura (i cataloghi delle due mostre e il volume Alberto Martini. Artista Europeo sono di Dario Cimorelli Editore). 

A Treviso si punta invece sulla modernità della sua lezione, rileggendo in un’ottica contemporanea i temi prediletti di Eros e Thanatos, mentre a Venezia la Biennale e il suo Archivio (Asac) produrranno ricerche sull’illustrazione e la grafica muovendo dal suo lavoro, e a Garda, nella prossima primavera, si terrà una mostra sulla sua «Divina Commedia».

Ada Masoero, 25 settembre 2024 | © Riproduzione riservata

L’altro Alberto Martini, macabro e dimenticato | Ada Masoero

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