Se si dovesse individuare anche solo un carattere comune tra Urs Lüthi, nato a Kriens (Lucerna, Svizzera) nel 1947 e attivo a Monaco di Baviera, e il norvegese Per Barclay (Oslo, 1955), operativo tra Torino e la capitale del suo Paese, questo potrebbe essere individuato nella comune attenzione per il medium prescelto, la scultura, utilizzata da entrambi gli artisti per interrogarsi sulla condizione esistenziale umana.
Lo spazio definito dalla tridimensionalità delle opere, infatti, è il mezzo idoneo a «leggere» il mondo, affrontarne le inquietudini, la fragilità e l’agire di donne e uomini. Lo sviluppo della relazione tra superficie architettonica dettata dalle forme e spazio interiore, però, è affrontato in modi visivamente molti differenti da Lüthi e Barclay, come risulta più che evidente nella doppia personale «Small Monuments and Archisculpture» che Otto Gallery presenta dal 7 febbraio fino al 30 aprile.
Il percorso ordina sette sculture del primo, tutte afferenti la serie «Small Monuments», datata 2010-12 e realizzata in bronzo dipinto su base di legno laccato, e una decina di lavori di Barclay appartenenti alla serie «Archisculture» del 2024, realizzata in ferro brunito. I lavori, tutti di piccolo formato, offrono dei due autori un panorama sfaccettato e complesso: in estrema sintesi, emerge per Barclay la significativa esperienza della plastica, esplorata sin dai suoi esordi degli anni ’80 e tutta giocata su tensioni fisiche e psicologiche, mentre nei lavori di Lüthi spicca l’uso della scultura quale «scandaglio» delle contraddizioni dell’essere umano. Il norvegese è stato protagonista a febbraio, sempre a Bologna, con la cura di Otto Gallery, dei Musei nazionali e della galleria Giorgio Persano, di un progetto all’ex chiesa di San Barbaziano che ha riaperto dopo un lungo restauro: qui una sua installazione sulla vulnerabilità e i conflitti contemporanei reinterpretava la celebre «Strage degli innocenti» di Guido Reni (1575-1642), conservata alla Pinacoteca Nazionale.
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Urs Lüthi, «Small Monument», 2010