Curata alla Tate Britain da Yasufumi Nakamori, Helen Little e Jasmine Chohan, con il supporto di Bilal Akkouche, Sade Sarumi e Bethany Husband, dal 21 novembre al 5 maggio 2025 la mostra «The 80s: Photographing Britain» esplora il ruolo nevralgico della fotografia come strumento di cambiamento sociale, attivismo politico ed esperimento artistico in quegli anni ’80 che hanno costituito il decennio più critico nella storia recente della Gran Bretagna. Un decennio ripercorso attraverso il lavoro di una comunità eterogenea di fotografi, collettivi e pubblicazioni che hanno dato voce in modo spesso radicale a temi e gruppi sottorappresentati nei tumultuosi anni della Thatcher, come il movimento della Black Art, l’esperienza queer, la diaspora sudasiatica e la rappresentazione delle donne. 350 immagini di oltre 70 autori accompagnate da materiali di archivio raccontano infatti rivolte razziali, scioperi di minatori, pandemia di Aids e gentrificazione, proponendo un’indagine che dimostra il ruolo nevralgico assunto in quegli anni dal mezzo fotografico.
La mostra presenta immagini provenienti da tutta la Gran Bretagna, documentando una realtà che dal paesaggio gallese postindustriale fotografato da John Davies giunge ai ritratti di Tish Murtha sulla disoccupazione giovanile. Un ruolo centrale riveste la fotografia documentaria, cui afferiscono le potenti immagini degli scioperi dei minatori di John Harris e Brenda Prince, delle manifestazioni antirazziste testimoniate dagli scatti di Syd Shelton e Paul Trevor, delle proteste femministe antinucleari del Greenham Common ritratte da Format Photographers e della risposta al conflitto in Irlanda del Nord fotografata da Willie Doherty e Paul Seawright. Le crescenti disparità sociali del periodo thatcheriano trovano spazio nel lavoro di Anna Fox e Paul Graham. Rappresentata è anche l’opera dei fotografi neri e sudasiatici, che hanno usato il ritratto allo scopo di evidenziare emarginazione e discriminazione. Così accade ad esempio nelle immagini di Roshini Kempadoo, Sutapa Biswas e Al-An de Souza sulle identità diasporiche, mentre Joy Gregory e Maxine Walker usano l’autoritratto per celebrare la bellezza femminile nera. Altro tema fondamentale, emerso in particolare in relazione all’epidemia di Aids, è l’identità queer, in cui la fotografia diventa mezzo di affermazione della comunità Lgbtq+ come dimostrano gli scatti di Tessa Boffin e Sunil Gupta. Ajamu X, Lyle Ashton Harris e Rotimi Fani-Kayode che ritraggono in particolare le esperienze queer nere, contestando gli stereotipi attraverso potenti studi di nudo. L’ultima sezione della mostra focalizza, grazie alle immagini di Ingrid Pollard e Franklyn Rodgers, il mondo delle controculture, ben espresse dalle performance underground e dalla club culture tipiche degli anni ’80 inglesi.