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Una retrospettiva riscopre il pittore belga a partire da «La Manufacture de Poésie», il suo catalogo di prodotti immaginari
- Roberta Bosco
- 19 aprile 2022
- 00’minuti di lettura


«La cascata» (1961) di René Magritte Collezione Famiglia Esther Grether
René Magritte e la macchina universale per fare quadri
Una retrospettiva riscopre il pittore belga a partire da «La Manufacture de Poésie», il suo catalogo di prodotti immaginari
- Roberta Bosco
- 19 aprile 2022
- 00’minuti di lettura
Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliDopo 32 anni di assenza René Magritte torna in Spagna con la mostra «La máquina Magritte», una coproduzione tra il Museo Thyssen-Bornemisza e la Fundación La Caixa. La retrospettiva, al CaixaForum Barcellona fino al 5 giugno, si compone di una settantina di opere, più un importante insieme di fotografie e filmini domestici realizzati dall’artista e scoperti negli anni Settanta, che compongono una sorta di album di famiglia intriso del singolare spirito di Magritte.
La rassegna si basa su La Manufacture de Poésie, un catalogo di prodotti immaginari scritto da Magritte nel 1950, tra i quali spicca la «Macchina universale per fare quadri», che consente di comporre un numero pressoché illimitato di immagini pensanti. Curata da Guillermo Solana, direttore del Museo Thyssen, la mostra parte dall’ipotesi che questa macchina esista e sia composta da più dispositivi interconnessi, corrispondenti ai concetti ricorrenti nell’opera del surrealista belga, come il mimetismo e la megalomania.
«Magritte stesso ha riconosciuto che il suo procedimento centrale consisteva nel generare variazioni e combinazioni a partire da un limitato numero di motivi. Diceva che le numerose repliche e varianti erano un modo per fissare il mistero e possederlo meglio», dichiara Solana, che ha ottenuto prestiti da oltre 50 musei e collezioni d’Europa, Canada, Messico, Cina, Stati Uniti e Giappone.
La selezione di opere conferma la natura non sistematica, ma metodica, dell’opera di un pittore che forma parte dell’immaginario collettivo occidentale. A differenza delle macchine per dipingere di Alfred Jarry o Raymond Roussel, quella di Magritte è una macchina metapittorica, volta a generare immagini coscienti di sé stesse.
«Tutto il lavoro di Magritte è una riflessione sulla pittura stessa. Ciò che ci viene rivelato nel dipinto, per contrasto o contraddizione, non è solo l’oggetto, ma anche la sua rappresentazione, il dipinto stesso. Quando la pittura si limita a riprodurre la realtà, scompare e riappare solo attraverso il paradosso, l’imprevisto e l’incredibile», chiosa il curatore, che ha suddiviso l’allestimento in sette aree.

«La cascata» (1961) di René Magritte Collezione Famiglia Esther Grether