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Al MMOMA gli anni ’60 di Giosetta Fioroni

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Redazione GdA

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Giosetta Fioroni (Roma, 1932) sta attraversando una seconda giovinezza: la riscoperta internazionale dell’arte italiana del secondo Novecento la colloca tra i protagonisti assoluti di una delle stagioni più intense per i nostri migliori artisti, gli anni Sessanta. Su quella fase è incentrata una retrospettiva a cura di Marco Meneguzzo e Piero Mascitti aperta dal 6 settembre al 22 ottobre al MMOMA (Moscow Museum of Modern Art). La rassegna è organizzata in collaborazione con il locale Istituto Italiano di Cultura. Abbiamo intervistato la direttrice, Olga Strada.

Perché ha scelto di organizzare una mostra di Giosetta Fioroni a Mosca?
L’idea della mostra è nata dall’osservare il crescente interesse che in Italia e all’estero c’è per l’arte degli anni Sessanta e Settanta e la tendenza a leggere in modo nuovo il vivace magma artistico di quegli anni. Ho in mente la recente mostra alla Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia curata da Luca Massimo Barbero, così come la mostra «Giosetta Fioroni, Roma anni 60» al Marca di Catanzaro, che è stata molto apprezzata da Tatiana Arzamasova e Lev Evzovich, due dei componenti del gruppo di artisti AES+F.
In generale, un certo «recupero» di quelle atmosfere mi ha indotto a proporre qui a Mosca il lavoro di un’artista che si è confrontata con più registri linguistici, inclusa la performance, come la «Spia ottica», realizzata da Giosetta Fioroni nel 1968. Questa azione verrà riproposta anche al MMOMA e messa in atto da Irene Muscarà, attrice italiana che vive a Mosca. Voglio inoltre ricordare che la mostra di Mosca è stato inserita come highlight di Cosmoscow, la più importante fiera dell’arte russa.

Quali sono le caratteristiche che rendono la sua opera così attuale? 
L’attualità del lavoro di Giosetta Fioroni è da leggersi nella sua giocosa e raffinata iconicità, nel rielaborare immagini riconoscibili e nel dare vita a una nuova mitologia. Alla base dei suoi lavori c’è sempre in ultima analisi un racconto; benché nella fissità di un fermo immagine, questo «frame» rimanda a un prima e a un dopo. Questa struttura tesa al racconto è del resto presente anche nella serie dei «Teatrini», degli «Spiriti silvani» e delle «Teche», questi ulimi ispirati alla lettura del saggio Morfologia della fiaba di Vladimir Propp.

Ci sono elementi, nel lavoro della Fioroni (le maschere, il gusto per la teatralità, la volontà di praticare un’arte che superi i limiti disciplinari), che manifestano una certa prossimità con le avanguardie russe?
Indubbiamente delle affinità esistono. Il teatro spontaneo, le costruzioni per il teatro di Ljubov Popova, la commistione stessa tra arte, letteratura e cinema, come avveniva nel periodo che ha animato l’avanguardia russa, un certo «azzardo» nel superare limiti molto individuali, sono leggibili nel percorso della Fioroni. Lei stessa menziona le lezioni di Toti Scialoja nelle quali parlava di Mejerchol’d (che basava il suo teatro sulla Commedia dell’Arte) e di altri esponenti del teatro d’avanguardia russo. Tuttavia, guardando alcuni lavori della Fioroni, come ad esempio «From Here to Eternity» mi viene in mente il quadro di Aleksandr Deineka «Futuri piloti» (1938). Nella loro diversità trovo delle assonanze. Protagonisti di entrambi i quadri sono degli adoloscenti presi di spalle, gli uni e gli altri guardano verso il futuro: tanto denso di energia vitalistica risulta il quadro dell’artista russo, quanto carico di incertezza, espressa nei rarefatti toni monocromo, il lavoro della Fioroni.

Perché ha deciso di focalizzare la mostra sugli anni Sessanta? Quali sono le opere più importanti?
La decisione di focalizzare la mostra su quel periodo è dipesa dalla scelta curatoriale di Marco Meneguzzo e Piero Mascitti, che hanno voluto sottolineare quel periodo del fare artistico di Giosetta Fioroni, caratterizzato dagli «Argenti», con il loro registo stilistico e linguistico decisamente personale. Tra i 48 lavori saranno presenti delle rarità, come il bozzetto esposto alla Biennale di Venezia del 1964 e «Glamour», esposto per la prima volta dopo quarant’anni. Saranno presenti titoli come «Doppio Liberty», «Da Botticelli» e la serie dedicata a stati dell’essere «inafferrabili», quali «Il fascino», «Malinconia», così come i grandi ritratti «Dietro gli occhiali» e «Lo sguardo».

Giosetta Fioroni è già nota al pubblico russo?
Il pubblico russo avrà occasione di vedere l’opera di Giosetta Fioroni per la prima volta in questa ampia antologica al MMOMA. Conoscendo la grande attenzione del pubblico russo per l’arte italiana, e non solo, e soprattutto per quegli aspetti della nostra cultura che per svariati motivi sono meno noti, sono certa che questa mostra svelerà ai moscoviti un’artista fresca, ironica, con un tratto forte e anticonvenzionale che pone al centro della sua ricerca artistica l’autoriflessione e il complesso dialogo con la memoria personale.

Come si articola l’attività dell’Istituto Italiano di Cultura di Mosca?
L’attività del nostro Istituto è molto intensa e variegata. Sono interessata a fare conoscere gli aspetti più recenti della cultura italiana, dal dopoguerra ad oggi, senza tuttavia tralasciare il grande retaggio del nostro patrimonio culturale. Organizziamo due festival del cinema all’anno, «Da Venezia a Mosca», con una selezione di film italiani presentati alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, e il festival «N.I.C.E.», dedicato alle opere prime e seconde dei giovani registi italiani. Questa primavera abbiamo organizzato al Multimedia Art Museum di Mosca la mostra «Elisabetta Catalano. Testimonianze preziose», lo scorso anno «Pino Pinelli. Materia. Frammento. Ombra», che ha riscosso un grandissimo interesse, e a breve nello stesso museo presentiamo la mostra delle fotografie di Mario Giacomelli «La poetica del paesaggio». A novembre, per celebrare i 150 anni della nascita di Pirandello, organizziamo una master class sul teatro dello scrittore e drammaturgo siciliano, tenuta da Luca De Fusco, direttore del Teatro Stabile di Napoli, e insieme a lui due attori leggeranno alcuni brani. Si organizzano incontri con personalità del mondo della cultura e si cerca di interagire con le più importanti istituzioni (museali, musicali, teatrali, universitarie) della città, in modo da creare un terreno fertile e fecondo.

Come risponde il pubblico ai vostri programmi?
Il pubblico di Mosca, e in generale in pubblico russo, è molto interessato e presente. Le nostre manifestazioni riscuotono sempre approvazione e una risposta più che positiva. L’attrazione che c’è per la nostra cultura, nelle sue diverse declinazioni, per la nostra lingua, per il nostro stile di vita (dal design, al cibo, all’abbigliamento), è tangibile e si riscontra con il successo che viene riservato a ogni appuntamento.
 

Redazione GdA, 03 settembre 2017 | © Riproduzione riservata

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